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 2004  giugno 12 Sabato calendario

Al mattino andavamo in largo Fochetti, la nemesi di Repubblica Il più bel giornale italiano, il più importante quotidiano nazionale, la Repubblica, retrocede d’indirizzo, se ne va a largo Fochetti in Roma

Al mattino andavamo in largo Fochetti, la nemesi di Repubblica Il più bel giornale italiano, il più importante quotidiano nazionale, la Repubblica, retrocede d’indirizzo, se ne va a largo Fochetti in Roma. L’evento si guadagna un inedito, il giornale è in rivolta ed è la prima volta dalla fondazione che scoppia una vertenza all’interno tra l’azienda, il cdr e il corpo redazionale, la prima devastante frattura da registrare in un giornale che neppure ai tempi di quando Eugenio Scalfari vendeva la sua quota proprietaria aveva vissuto rivolte. Largo Fochetti perciò, l’oggetto del contendere che ha meritato un inaudito sciopero perfino nei giorni della strage di Madrid, l’unico tra gli autorevoli quotidiani internazionali assente in edicola. Tutto ciò per largo Fochetti. Ormai a prescindere da tutte le questioni cosiddette tecniche, cioè le metrature, le soffittature, i lunghi corridoi con una colonna ogni due metri, i servizi igienici collocati nell’open space, la cubatura d’aria per ogni desk pari alla piccionaia di un cimitero di Aversa, tutta una desolazione moltiplicata in questo ipsolone dove comunque già ci alloggia Paolo Flores d’Arcais (felice però perché è vicino a casa sua) con la redazione di Micromega e Lucio Caracciolo con Limes. Il posto è uno squallido angolo ritagliato tra la Cristoforo Colombo e la circonvallazione Ostiense, cartoni e lamine di plastica trasparente se ne stanno ammucchiati e sparpagliati all’ingresso di un edificio a forma di ”Y” aspettando la redazione di Ezio Mauro, al Cupido Bar già confezionano tramezzini al sapor di salmone e piatti pronti di prosciutto crudo e melone, un tassinaro della zona calcola gli effetti della bonifica a venire: il costo delle case aumenta, ”diventamo residenziali” ci dice. Vicino a questo ingresso dove ancora vi trafficano mastri muratori, nei pressi insomma, a pochi passi, nelle vicinanze dunque, saranno riadattati altri immobili per farci un albergo (dove magari farci alloggiare gli ospiti del Fondatore), poi un centro commerciale, qualche altro ristorante oltre agli attuali finto messicano, finto saloon, vero indiano (ottimo), vero coreano (ottimo) ma forse una filiale della rinomata enoteca Trimani dovrebbero farcela qui, perché la Sede Madre di via Goito è in via di smobilitazione sapendo di dover rinunciare ai potenti giornalisti di Scalfari che tra quelle bottiglie andavano a consumare i loro buoni pasto (in verità sufficienti per pagarci un coperto). Un duro colpo lo prova anche il mitico StudioK di via Vicenza, uno spettacolare lupanare ben frequentato dalla crema del giornale che pur sempre giornale libertino è. Largo Fochetti a ogni modo: sta su una stradale che poi è come una sorta di cinto erniario a cielo aperto, sta su un bretellone dilatato a parentesi tra la Roma imperiale e la Roma dell’Eur che certo non può competere in residenza con via Solferino, sta su una solita fuga di provvisorietà urbanistica tanto è vero che non ha parcheggi, ha uno sprofondo di tunnel sotto il muso, un supermercato Gs messo di fronte, ma con l’impossibilità di attraversare la Cristoforo Colombo, tanto è vero che tra le trattative e i deliri c’è stata anche quella di far costruire un cavalcavia pedonale, cosa possibilissima ma surreale: avete presente la figura del Fondatore incedere sul cavalcavia, ”simile a promontorio contro cui si frangono le onde”? Per andare poi al Gs, fornito di ottima pescheria? Oppure al parcheggio da fare apposta per i giornalisti di Repubblica? Deliri appunto. Come quello della navetta di collegamento con il centro, una specie di scuolabus dove farci accomodare anche i senatori del giornale, come quel Mario Pirani che nel bel mezzo della discussione cerca di mettere una parola di pace su piazza Indipendenza, luogo d’origine del giornale che non era poi questo gran bel posto: ”Vi siete scordati quando appena arrivati c’erano ancora i negri della stazione che si menavano qui sotto e certe megere che si facevano il bidet nella fontana?”. Anche quello di piazza Indipendenza non era proprio un bell’indirizzo e forse è nemesi che la Repubblica con il suo Fondatore – come l’altro, il Fondatore dell’Impero – debba farsi carico di bonifiche di paludi sociali. Fatto è che dalle parti della Cristoforo Colombo li aspettano, un poco sono offesi per questo ritardato arrivo – dovevano essere operativi già da maggio, vi arriveranno in ottobre – ma li aspettano, il quartiere pregusta il salto di qualità, non fosse altro per giustificare la presenza di un malinconico monumento fatto di tronchi incastrati uno sopra l’altro. Non fosse altro. Fatto è che un giornale come Repubblica che vende tutto, vende tanto e guadagna molto meritava di tradurre in benessere tanto successo commerciale, la pensano così i giornalisti e non si può dare loro torto perché in fondo non sono più nella stagione dei pionieri, sono in quella dell’agio e potevano permettersi un futuro di charme, una collocazione signorile. Alla tragedia di Repubblica si somma poi quella dell’Espresso, tutto il mondo archetipale di ciò che è diventato il giornale di Ezio Mauro fondato da Eugenio Scalfari costretto a rinunciare a via Po, proprio troppo per il più bel gruppo editoriale italiano, il più importante settimanale nazionale, le più prestigiose riviste e la Repubblica appunto, retrocedere d’indirizzo, andarsene lontani, a largo Fochetti in Roma, quando la concorrenza si fa museo nell’inamovibilità di via Solferino. Decisamente troppo. P. S. Detto questo, non è che al Foglio – che pure è un bel giornale – le cose siano andate meglio: stavamo in un meraviglioso cantuccio, in piazza Capranica, vicini al mondo vero delle belle signore, della libreria Montecitorio, della trattoria di Marco, della gelateria al Pantheon, a due passi da San Lorenzo in Lucina, da via del Corso, da piazza di Spagna e adesso siamo in un tristo lungofiume di Trastevere: circondati dal traffico e da finti bohémien appollaiati su ponte Sisto che ci costringeranno a fare un altro trasloco, in via Archimede, ai Parioli. P. But. P. vuole votare B. secco. Invitarlo al segreto. Dichiari di votare Emma piuttosto. Cena Ezio con Pirani a San Teodor. Mancavo solo io. Dirmelo.