12 giugno 2004
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Rustico Fabio
• Nato a Dalmine (Bergamo) il 20 maggio 1976. Calciatore. Dell’Atalanta. Noto soprattutto per essersi candidato alle elezioni amministrative 2004 (centro-sinistra). "Non vuole la televisione in camera e non ha il cellulare. Va in giro con una Panda color amaranto e legge i classici greci. Fabio Rustico è il primo calciatore italiano in attività a presentarsi a un’elezione politica. Lo fa per la lista ”Roberto Bruni sindaco di Bergamo”, insieme a DS, Margherita, L’Aratro, Verdi, Rifondazione, Di Pietro e Comunisti Italiani. [...] ”La verità è che io sono sempre stato un tipo schivo, uno a cui piace stare da solo; ma ugualmente sono un gran comunicatore. Forse perché ho la passione per i libri. I miei compagni mi prendono in giro perché me li porto in ritiro. Poi sono affascinato dai centri sociali, dalle comunità: è lì che si vive veramente. Trovandosi in posti come quelli, parlando, decidendo insieme, si possono mettere in pratica progetti. Perché ci vuole un punto di vista semplice per andare avanti. Ci vuole il punto di vista della gente [...] Ho sempre letto di filosofia, di psicologia e di antropologia culturale. Tutte letture che portano alla politica. il mio background. La mia politica non è nient’altro che la messa in atto di tutto quello che ho letto. [...] Io credo nella concertazione, nei centri sociali, nel dar voce alla gente che si riunisce naturalmente. Vi porto un esempio: a Bergamo, che non è una città enorme, ci sono molte cooperative sociali. Queste sono posti di aggregazione che andrebbero valorizzati, tutelati, presi e rilanciati. Perché è tra la gente che deve nascere l’idea per migliorare la vita di ognuno. [...] Molti mi hanno chiesto se ero uno specchietto per le allodole. Io sono disincantato, so di essere forse anche quello. Ma dove lo trovi nel mondo del calcio uno come me? Sono arrivato a pensare di fare politica già per conto mio. Non ho avuto una famiglia di sinistra o amici di partito. La mia scelta politica è la naturale conseguenza delle letture che ho fatto. Sciascia, Pasolini, Marx. [...] Ho in progetto di lasciare il calcio. La mia vita dopo l’attività agonistica è già pronta. Voglio fare il contadino in Sicilia, a Pantelleria. Là ho un appezzamento di terra, voglio tornare alle cose semplici. Quella è una terra che mi può accogliere per come sono fatto. Questo, per esempio, è uno stimolo che mi è arrivato leggendo Tomasi di Lampedusa. [...] All’inizio il tipico atteggiamento dei compagni è stato da sfottò. La goliardia tipica da spogliatoio. Anche andando d’accordo con tutti, io sono passato sempre come un animale strano. Isolato, coi libri. Fuori dal campo non ho mai frequentato nessuno. Ma verso di me c’è sempre stato rispetto. Mi ha fatto piacere, però, che mi abbiano detto: solo a te potevano chiedere una cosa così, ce la puoi fare. I tifosi, invece, stanno cercando di togliere la politica dalla curva, e non mi hanno detto niente. Ma io sono amato e quindi hanno compreso. Conoscono la persona. [...] La dirigenza all’inizio mi ha ostacolato, facendo in modo che rifiutassi. Ora sta a me fare molta attenzione. Loro sono guardinghi. Al primo errore mi additeranno sicuramente. Cerco di essere il più equilibrato possibile. Per non danneggiare nessuno. Sarà difficilissimo [...] Tre o quattro anni fa avevo meditato di smettere perché questo mondo di qualunquisti non lo sentivo mio. Non stavo tranquillo, non mi sentivo a mio agio. Per questo ho cercato di mantenere semplice la mia vita personale. Il calcio non è altro che una rappresentazione della vita e della società. Se avessi lasciato il calcio non sarebbe cambiato niente. Il marcio è ovunque. Nel calcio è solo tutto più frenetico perché ci sono i giornali e non c’è privacy" (Gabriella Greison, Matteo Lunardini, ”il manifesto” 12/6/2004).