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 2004  giugno 08 Martedì calendario

Tam GiulioMaria

• Sondrio 9 dicembre 1951. Sacerdote. Candidato alle elezioni europee 2004 per Alternativa Sociale, la lista di Alessandra Mussolini • «“E adesso per gli islamici / adesso arriva il bello / Rosario e manganello! / Rosario e manganello!”. Se la gode, Giulio Maria Tam, il “prete” che dice messa per Benito Mussolini e si candida alle Europee con sua nipote Alessandra, a veder l’effetto che fa canticchiando sull’aria di Papaveri e papere la sua canzonetta catto-fascista: “È bella o no?”. Ride. Fa l’occhiolino. Appioppa una pacca sulle spalle da stendere un bue. E riparte sull’aria di Aveva un bavero con un’altra strofetta delle sue: “Lui col turbante color zafferano / lei col chador color ciclamino / fin dalla Mecca a Lodi e a Milano / per conquistare la nostra società!”. Zia Angela Maria, a vederlo, sarebbe proprio orgogliosa. Terziaria domenicana, aveva dedicato la vita a Dio e al Duce, faceva l’ausiliaria nella Repubblica di Salò e venne fucilata alla fine della guerra (“senza processo”) dai partigiani. Così come vennero fucilati parte dei suoi “eroi”. Preti neri come don Gino Artini, don Angelo Baroni, fra Galdino, don Alberico Manetti, don Antonio Bruzzesi, fra Ginepro da Pompeiana. O don Ettore Civati, centurione della Milizia, volontario in Albania, podestà in Valtellina e fascista così fascista da finire spretato e diventare funzionario del Minculpop. O su tutti don Tullio Calcagno, il prete scismatico che teorizzò una sua idea di cattolicesimo fascista, diede vita alla rivista Crociata italica, finì sospeso a divinis e scomunicato ed arrivò a un punto tale di rottura con la Chiesa che, davanti al plotone di esecuzione, rifiutò perfino il conforto di un sacerdote. Anche lui, “don” Giulio Maria Tam, in realtà non è “don”. Non lo è mai stato. Figlio di un impiegato comunale democristiano, mamma democristiana, un fratello più o meno leghista, un altro deputato alla Regione Lombardia per i Democratici di Sinistra tra i quali è finito con i cristiano-sociali di Pierre Carniti, altri due vagamente di centrodestra, è diventato fascista quando aveva quindici anni ed era già avviato a diventare un colosso di quasi due metri con le spalle a due ante e le mani enormi. Attivista di Alleanza Cattolica, vedeva la Chiesa conciliare come una banda di mollaccioni senza spina dorsale. Va da sé che, quando lo Spirito Santo lo chiamò, lui avvertì la chiamata come un mussoliniano monito: “a noi!”. E si andò a rinchiudere nel seminario di Ecône fondato dal vescovo Marcel Lefebvre. Presi i voti (scismatici) nel 1980, ha girato mezzo mondo come missionario dei cattolici ultra-tradizionalisti nemici del Concilio Ecumenico Vaticano II: due anni in Italia, due in Svizzera, due in Messico, due in Spagna, due in Francia... Sempre più duro, sempre più nero. Al punto che quando nel 2000 avvenne il tentativo di un riavvicinamento tra gli eredi del monsignore ultra-tradizionalista e la Chiesa, lui si oppose con tale cocciutaggine da essere buttato fuori dalla Fraternità: era troppo estremista anche per loro. E adesso? “Ho un piccolo priorato a casa mia”. Nonostante la sospensione a divinis e la scomunica? “Sono un disobbediente, ma la mia messa è valida. Il problema disciplinare non tocca il valore del sacerdozio. Disobbediente, poi... Disobbediente a chi?”. Per lui è il Papa, il vero disobbediente: “”Disobbedisce a tutti i papi che l’hanno preceduto. Tranne Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo I, s’intende. Quei modernisti. Liberté, egalité, fraternité: ecco dov’è la radice del male”. Nella Rivoluzione Francese? “Ovvio: nella Rivoluzione Francese! Il problema è il relativismo etico. Dal divorzio passi all’aborto, dall’aborto all’eutanasia, dall’eutanasia all’omicidio...”. Non starà esagerando? “Per niente: col relativismo sai dove cominci ma non dove finisci. Se tutto è relativo anche l’omicidio può starci”. E non andategli a dire che questo Papa tutto pare meno che modernista: “Chi? Karol Wojtyla? Scherziamo? Qualche pseudo-restaurazione c’è stata. Ma solo per gettare polvere negli occhi. Basta guardare Ratzinger”. Non dirà che è un progressista! “Si è travestito da tradizionalista per fare meglio la sua parte. Lui è la quinta colonna dei modernisti! La quinta colonna!”. I camerati, figurarsi, per lui stravedono. Tanto più da quando ha cominciato a dire in giro, più o meno scherzosamente, che per lui la tonaca “è una camicia nera XXL lunga fino al calcagno”. Generoso, si dà a tutti. Celebra messe solenni per l’anima del Capoccione a Predappio. Benedice i fez e i gagliardetti. Si fa fotografare mentre sventola il tricolore nella versione di Salò o addirittura mentre leva il braccio nel saluto romano. Come facevano i preti fascisti che in piazza Venezia, sotto gli occhi del Duce, furono immortalati in una celebre copertina della Domenica del Corriere. Mai un dubbio? Mai. E rinfaccia al Papa di avere chiesto “troppe volte scusa” e lo accusa di avere “baciato il Corano” e non gli perdona di aver sospirato sulla violenza delle Crociate e rifiuta l’ecumenismo e rimpiange la chiesa guerriera che teneva in una mano il Vangelo e nell’altra la spada. E se denuncia l’America per avere aggredito l’Iraq “accendendo un incendio in tutto il Medio Oriente”, tuona però che “l’Islam è il nemico, l’Islam è l’invasore, l’Islam è il pericolo per tutta la società occidentale ma a un certo punto viva l’Islam, perché man mano che penetra dentro le nostre città e i nostri Paesi ci costringerà a riscoprire la vera fede. E a difenderla con tutti i mezzi”. Ridacchia: “Ma se li immagina i comunisti? Cacciati dalla invasione maomettana saranno costretti a chiedere asilo agli Stati Uniti!”» (Gian Antonio Stella, “Corriere della Sera” 8/6/2004) • «“E quando gli stringo la mano, ai camerati... gliela stringo forte così!”. E giù una stretta vigorosa “da contadino, anzi da vignaiolo, perché io il vino da messa me lo faccio da solo!”. E naturalmente ai camerati “la stretta da zappatore di vigna piace molto. Sono fatti così: sono le mie pecore nere... che però impallidiscono quando gli tendo la mano. Scriva così: io sono il pastore delle pecore nere”. Più che pastore, cappellano. Per essere precisi, cappellano dei militanti di Forza Nuova e adesso dei mussoliniani, nel senso di Alessandra. “Ma anche di Benito. Oh, io vado sempre a dir messa a Predappio sulla tomba del Duce, e nei cimiteri della Repubblica Sociale!”. E canta? “Dopo, a cena. Sole che sorgi e l’inno della Decima Mas. Inni eroici, mica come quel ‘biancofiore simbolo d’amore’...”. Fascistissimo, fin da quando “andavo da Almirante a chiedergli i soldi per i manifesti del Fronte della Gioventù”. E glieli dava? “Altroché!”. Si immagina che anche Almirante restasse un po’ intimidito di fronte a questo padre Giulio Maria Tam, che già all’epoca era alto un metro e 90, aveva le stesse mani misura badile e con la tonaca lunga fino ai piedi, ammettiamolo, fa il suo effetto. “Io la definisco ‘camicia nera longa’...”. A Sondrio “però sono abituati. E poi la Valtellina, non dimentichiamolo, è stato l’ultimo rifugio sognato da Mussolini”. Il ridotto della Valtellina, però non ci arrivò mai, “perché lo uccisero a Dongo. Ecco, da questo baluardo parte la mia crociata!”. La mamma intanto prepara il caffé, in questa grande vecchia casa sulla strada che porta a Tirano. Anche lei fascista, signora? “Per carità, io sono democristiana”. E gli altri figli? Fascisti anche loro? “No, sono l’unico. Le confesso che un mio fratello è cattocomunista, consigliere regionale dei ds. Siamo come il diavolo e l’acqua santa. Vuole un cognac?”. No grazie. Ma padre Tam insiste e tira fuori “guardi che bottiglia: cognac Lepanto! arriva dalla Spagna. Pensi ai marinai di Lepanto e agli alpini che hanno combattuto in Russia, oltre che ai romani e ai crociati: quelle sono le nostre radici. Mica l’Islam!”. E scusi, il suo vescovo non le ha detto niente, quando ha deciso di presentarsi alle Europee? E qui viene fuori che padre Tam - candidato nel collegio Nord Ovest con la Lista Alternativa (cioé Libertà di Azione, Forza Nuova e Fronte sociale nazionale) è tecnicamente quel che si dice uno scomunicato: “Sono un sacerdote ordinato da monsignor Lefebvre, scomunicato con tutti i suoi dalla Chiesa nel 1988. Sempre sacerdote sono, comunque”. E come fa a dir messa? “La dico e basta. Alle mie pecore nere va bene così. E poi io sono come san Giovanni Bosco, che andava in giro a raccogliere i birichini. Io i miei li ho trovati”. Le pecore, appunto. “Bravi ragazzi, che combattono una grande battaglia”. Cioé? “Quella contro l’Islam, naturalmente. Io la chiamo la crociata del rosario”, nel senso che “io uso solo l’arma spirituale. Scriva spirituale, mi raccomando, sennò poi dicono che incito all’uso delle armi”. Allora, armato di solo rosario, padre Tam tuona e fulmina dal pulpito (con tono mussoliniano, “come deve fare un cappellano militare prima della battaglia”), quando qualcuno gli presta una chiesa, perché in Italia le chiese che accettino i lefebvriani sono pochine, “ma sono molti i fedeli stanchi di questa Chiesa molle! Tutta gente che crede ancora nelle tradizioni, a cominciare dalla messa recitata in latino, dove l’officiante rivolge le spalle ai fedeli”. Ma anche quelle poche funzioni finiscono per fare grande scalpore, non fosse che per la presenza “del Fronte naziskin che mi segue sempre...”. Teste rasate, insomma. “Ma non sono nazisti, sono italiani. Bravi ragazzi, che senza me uscirebbero dalla chiesa. Invece stanno con me, che li mando dritti alla Madonna di Fatima, e così scavalco a destra i preti”. L’ultima volta è stata a Schio, dove “i comunisti si sono presentati in 350 per impedirci di celebrare la messa per i martiri del posto, uccisi dai partigiani. Ma noi eravamo ottocento... Quest’anno saremo di più ancora, e i comunisti sempre meno. La sinistra va a morire, insomma”. Dunque, no all’Islam. “Vade retro Islam, prima di tutto. Combattiamo il saraceno che invade le nostre coste, come successe ad Otranto. Ha in mente i martiri di Otranto? E San Marino violentata dai pirati? Ma il pericolo più forte è un altro: la Chiesa”. Che fa, la Chiesa? “Troppo pacifista. Con il Concilio Vaticano II i papi e i vescovi hanno introdotto il modernismo, di fatto dando il via libera all’invasione religiosa islamica. Il Papa che bacia il Corano (ci sono le foto, vada a controllare). Il vescovo di Cremona che abbraccia l’imam... Allora io dico: altolà al saraceno, e ai preti pacifisti”. Ma se poi incontra un poveretto marocchino in mezzo alla strada che fa? “Gli faccio l’elemosina, mica è colpa sua se si trova qua a mendicare”. Ci sarà, un vescovo che le piace. “Maggiolini, ma anche lui è molle. Qui invece ci vogliono i crociati, i marinai di Lepanto!”. Quelli però li usa già Bossi, assieme ai lancieri padani... “Bossi ha un solo merito: si è dichiarato contro il Concilio Vaticano II”. E Fini, che ne pensa? “Ha legalizzato 700 mila immigrati, cioè vuole la Turchia in Europa, e il voto agli immigrati: un suicidio, soprattutto per la destra”. Quindi? “Un traditore”. Con chi ce l’ha, oltre a Fini? “Con i pedofili. Per loro propongo la pena di morte, ma solo se ammazzano i bambini”» (Brunella Giovara, “La Stampa” 1/6/2004).