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 2004  giugno 07 Lunedì calendario

Gaudio Gaston

• Nato a Buenos Aires (Argentina) il 9 dicembre 1978. Tennista. Vincitore del Roland Garros 2004: si impose nella finale con il connazionale Coria (favoritissimo) dopo esser stato in svantaggio 2 set a 0. «Un match omerico e paradossale, irreale e crudele, che sarebbe piaciuto a Borges, la cui cronaca andrebbe fatta scrivere a García Márquez. La prima finale tutta argentina del Roland Garros e dello Slam sembrava finita dopo mezz’ora, invece è durata 3 ore e mezzo, e 5 set. Alla fine l’ha vinta l’uomo che doveva perderla, anzi, che l’aveva già persa: ”el gato” Gaston Gaudio. E l’ha persa l’uomo che doveva vincerla, anzi, che l’aveva già vinta: ”el mago” Guillermo Coria. Gaudio ha 25 anni, un rovescio da incanto e neuroni friabili. stato anche n. 19 del mondo, ma era entrato nel torneo da n. 44 e con la fama del perdente di carriera, di quello che molla quando il match che conta è lì, da cogliere come un frutto maturo. Coria di anni ne ha 22, è il n. 3 del mondo, ma il più forte di tutti sulla terra battuta: degli ultimi 37 match giocati sul rosso prima della finale ne aveva perso appena uno, ad Amburgo, contro un Federer inarrivabile. [...] Insomma, il cammino di un sovrano. In finale, contro Gastone lo sciupone, Guillermo ha cominciato come un demolitore: 6-0 in un amen, poi 6-3 e Gaudio stordito che pareva già pronto per il colpo di grazia. Nel terzo set Gaston si è però rimesso insieme e, sollevato da un pubblico che pretendeva sangue per gli euro investiti (anche 300, dai bagarini), si è insinuato in quella che sembrava una semplice pausa del campione, acciuffando un 6-4. All’inizio del quarto, la faida e la favola, il dramma e la sorpresa. Coria chiede l’intervento del fisioterapista, ha la gamba sinistra incrampata. Non si muove quasi più, non serve, arranca. Frana: 6-1 per Gaudio il miracolato. Ci si aspetta il ritiro da un 15 all’altro, invece il mago, con quel suo faccino da vecchio, da pellagroso, sacramenta e stringe i denti. E a Gaston s’incrampano le idee: contro un avversario che si muove a zoppo galletto, tiene lo scambio lungo, gioca in mezzo al campo, di puro muscolo, invece che cross. In un fruscio di break si fa prima scappare il piccolo sciamano infermo, poi lo riacciuffa sul 4-4. Sciupa, dilapida, sbaglia lo sbagliabile. E mentre il mago, lentamente, parzialmente, smaltisce l’acido lattico, a Gaston viene il dubbio che ci sia metodo, in quella zoppìa. Si sente preso, lui ”el gato”, per topo: non era forse andata proprio così, l’anno scorso nella semifinale di Amburgo, quando Coria si era rivolto affranto al fisioterapista, ma al terzo set si era mutato di nuovo in lepre, seccandolo con un 6-0? Non gli aveva allora quasi stritolato la mano, invece di stringerla, alla fine della commedia, giurandogli malanno? Coria è uno che ci fa, ma che pure ci è. Il suo fisico leggero, nervoso, ereditato da antenati italiani, anzi piemontesi, sbarcati per fame in Argentina, lo ha già piantato in asso più di una volta. Non per caso fu beccato, a inizio carriera, in una vicenda di nandrolone e integratori, che gli costò una squalifica. Ha ”garra”, però, Coria il maghetto, vuole vincere e ci arriva vicino: due match-point, tirati fuori di mezza spanna, il salario della sfortuna. E il match gira per l’ennesima volta. Il polpaccio di Guillermo torna a contrarsi, dopo l’ennesimo break Gaudio tiene finalmente il servizio e conquista un torneo che non avrebbe mai sperato (e che non ha meritato) di vincere: 0-6, 3-6, 6-4, 6-1, 8-6. Finisce così un pomeriggio toccato e deciso dagli dèi: con gli occhi di Coria ridotti a due grumi di sconforto e rabbia e quelli lacrimosissimi di Gastone il fortunato schiacciati durante la premiazione sulle guance rugose e divertite di un altro Guillermo, Vilas l’antenato, che a Parigi aveva vinto nel ’77, primo e ultimo dei gauchos» (Stefano Semeraro, ”La Stampa” 7/6/2004).