Varie, 7 giugno 2004
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Emin Tracey
• Londra (Gran Bretagna) 3 luglio 1963. Artista • «Tra gli artisti della nuova generazione inglese è sicuramente una delle più interessanti, capace di raccontare ogni aspetto della propria vita, anche quello più crudo, con un micro linguaggio emotivo che ingloba dure confessioni, diari e celebrazioni dei propri fallimenti. Cuce, dipinge, disegna, traccia scritte con il neon Tracey Emin, che una manciata di anni fa scandalizzò il pubblico della Tate quando, in occasione del Turner Prize, espose un’opera intitolata My bed: il proprio letto sfatto. Il lavoro fu interpretato da parte della critica come inutile, eccentrico. Stessa cosa quando presentò Everyone I have ever slept with 1963-95, una tenda usata per molti viaggi e al cui interno aveva ricamato il nome di tutti gli uomini con cui aveva fatto l’amore. Ma non è stravaganza. È una autobiografia e un’autoanalisi attraverso segni sottili, spietati, che sollevano fastidio e ironia. La tenda [...] è stata distrutta dall´incendio che ha avvolto un magazzino in cui erano conservati molti altri lavori della Young British Art, molti di proprietà del collezionista Saatchi. È andata in fumo una fetta di storia dell’arte degli anni Ottanta e Novanta, è una piccola catastrofe che ha colpito profondamente l’artista [...] profondamente influenzata dagli espressionisti (“io sono un’espressionista”) e dalla filosofia orientale del XIII secolo [...] Le sue opere parlano sempre della sua vita. “Sì, ma parlano di molte cose. Parlano di come mi sento, di quello di cui sono testimone, di quello che vedo. Non parlano soltanto di me. È quello che colgo dal mondo. Come vedo e come sento questo mondo, come lo manovro. E poi c’è l’essere umano, il modo in cui reagisco alle cose, come mi sono sentita davanti a una certa cosa: se è amore, se è gelosia, se invece è la guerra. Non importa cosa sia: è quello che avverto, è la mia posizione, quello che del mondo io prendo. È la mia voce. Tutti abbiamo una voce. C’è chi è d’accordo con me, con quel che dico, e chi non lo è. E quindi quel che dico apre un dibattito. Ad esempio, se faccio un’opera sull’aborto non faccio soltanto un’opera d’arte: apro un dibattito più ampio, sulla vita, su tutto [...] Il mio problema maggiore è quello di avere il cuore spezzato. L’amore. È un grande problema, per me. Sono una donna molto fortunata. Sono fortunata nel lavoro, con il denaro, con le proprietà. Ho un aspetto strano forse, ma non sono brutta. Sono forte di fisico, godo di buona salute ma con l’amore non c’è nulla da fare. Oggi come oggi ho più o meno abbandonato l’idea. Ma l’amore è vita. La vera vita è amore. A me piacerebbe amare qualcuno, condividere la mia vita, ma non è così. Ho amato, ho avuto amanti, sono stata innamorata, ho avuto relazioni. Ma non sono molto brava, anzi sono una frana. E esco con il cuore spezzato, tutte le volte”» (Paolo Vagheggi, “la Repubblica” 7/6/2004).