Nicola Nosengo, Macchina del Tempo, giugno 2004 (n.6), 5 giugno 2004
Un altro ramo delle applicazioni della nanotecnologia alla medicina è quello dei ”biochip” (foto a destra)
Un altro ramo delle applicazioni della nanotecnologia alla medicina è quello dei ”biochip” (foto a destra). L’idea da cui nascono è quella di portare un intero laboratorio di analisi biochimiche sulla minuscola superficie di un chip di silicio, visto che anche per l’elettronica è ormai prossimo il salto alla dimensione ”nano”, quella del milionesimo di millimetro. Lo scopo sarebbe quello di riuscire a eseguire test diagnostici con grande rapidità, o tentare di controllare a distanza parametri fisiologici come pressione e temperatura corporea grazie a piccoli sensori applicati sul corpo del paziente e collegati a una rete wireless. Gli stessi biosensori potrebbero poi anche pilotare nanomacchine, come quelle descritte nell’articolo, in modo che possano entrare in azione e rilasciare farmaci, ma soltanto in presenza di determinate situazioni patologiche. A dire la verità, biochip in grado di eseguire test del Dna sono già in produzione, ma per il futuro si studiano applicazioni ancora più promettenti, come chip in grado di ”dialogare” a livello elettrico e molecolare con le cellule per riuscire a modificarne il comportamento. All’Università di Bologna, intanto, un gruppo di ricercatori lavora all’idea (che per ora rimane molto futuribile) di usare i biochip per insegnare alle cellule del sistema immunitario a fare meglio il loro lavoro: le cellule verrebbero prelevate dall’organismo del paziente, ”riprogrammate” grazie a un chip e poi immesse di nuovo nel sangue.