Nicola Nosengo, Macchina del Tempo, giugno 2004 (n.6), 5 giugno 2004
Prima di mettere le nanoparticelle in giro per l’ambiente e per il corpo umano, naturalmente, la scienza dovrà assicurarsi che siano davvero sicure
Prima di mettere le nanoparticelle in giro per l’ambiente e per il corpo umano, naturalmente, la scienza dovrà assicurarsi che siano davvero sicure. Già, perché le stesse proprietà che consentono a questi composti di superare indenni membrane cellulari e portare a destinazione farmaci potrebbero renderle insidiose. Lo ha ricordato uno studio, pubblicato sulla rivista ”Nature” in gennaio, in cui si mostrava come nanoparticelle di carbonio inalate possano raggiungere facilmente il cervello e qui accumularsi, con effetti tutti da verificare. Per fare il punto su questi temi, all’inizio di quest’anno si è svolto a Warrington, in Gran Bretagna, il convegno ”Nanotox 2004”, organizzato dalla Royal Microscopical Society e dall’Institute of Physics. «La produzione industriale di nanoparticelle» ha spiegato Vyvyan Howard, tossicologo dell’Università di Liverpool e tra gli organizzatori della conferenza, «avviene ormai su larga scala e interessa un ampio numero di prodotti, anche di uso comune. Ma sappiamo ancora troppo poco sulle possibili interazioni chimiche tra queste nanoparticelle e il nostro organismo». Il convegno si è chiuso con l’invito a investire più risorse in ricerche sulle implicazioni sanitarie di queste tecnologie, e con la proposta di una moratoria internazionale, che ne limiti l’utilizzo finché non si avranno dati più sicuri».