Roberta Mercuri, Macchina del Tempo, giugno 2004 (n.6), 5 giugno 2004
«Kita’ ita’ i ake te rama», ”lancia in alto le sfere”, cantano le donne dell’isola di Mangareva facendo volare al chiaro di luna arance o noci di cocco
«Kita’ ita’ i ake te rama», ”lancia in alto le sfere”, cantano le donne dell’isola di Mangareva facendo volare al chiaro di luna arance o noci di cocco. In Polinesia la giocoleria, arte esclusivamente femminile, non si riduce a semplice passatempo: da sempre le mamme delle isole Marchesi la utilizzano per insegnare ai bimbi il loro albero genealogico. Negli ultimi tempi, però, anche il mondo scientifico occidentale sta restituendo nobiltà all’antichissima arte di lanciare in aria clavette e palline. Qualche mese fa, ad esempio, la rivista ”Nature” ha pubblicato una ricerca che dimostra l’esistenza del ”bernoccolo” del giocoliere. Alcuni individui, dopo aver imparato a tenere in aria tre palline per almeno sessanta secondi, sono stati sottoposti a risonanza magnetica. Il risultato? Strabiliante: un aumento di materia grigia nell’area medio temporale e nel solco intraparietale posteriore sinistro, regioni del cervello che elaborano le informazioni visive. Il marzo scorso, poi, l’Università di Roma ”La Sapienza” ha organizzato ”Giocolieri si diventa”, primo laboratorio teatrale teorico pratico per imparare l’antica tradizione degli artisti di strada. Il regista teatrale Leonardo Angelini, dottorando di ricerca presso il dipartimento di Spettacolo e ideatore del corso, racconta: «Gli studenti hanno partecipato con entusiasmo. In due giorni hanno imparato a giocolare con tre palline e sono rimasti veramente stupiti dalla storia di questa arte antichissima, testimoniata già dai graffiti delle tombe egizie». Le testimonianze storiche su quest’arte non mancano di certo: nel 324 a.C. Alessandro Magno fu preso da ammirazione e stupore di fronte a un giocoliere indiano molto abile nel lanciar piselli. Nel 100 a.C. il romano Tagatus Ursu, anche detto ”re della palla”, si autoproclamò ”primo giocoliere ad aver usato sfere di vetro”. Racconta il taoista Zhuang Zi che Confucio, passando per una foresta dello Stato di Chu, fu molto stupito da un giocoliere gobbo capace di catturar cicale con delle bacchettine strette tra le dita. Nel III secolo dopo Cristo, in Cina, gli artisti alla moda lanciavano in aria una giara di porcellana del peso di venti chili, se la facevano ricadere in fronte e poi, con un’energica spinta delle mani, la facevano ruotare sul cranio a mo’ di trottola. E c’è una curiosità interessante: «Nessuno sapeva, ad esem- pio» racconta «che il più grande giocoliere di tutti i tempi fu l’italiano Enrico Rastelli, morto trentaquattrenne nel 1931: riuscì a far girare dieci palline in una volta, un primato ancora imbattuto dal 1922». Gli studenti hanno anche imparato che la giocoleria è un ottimo strumento per il recupero sociale dei bambini di strada: «Nel 1992» continua Angelini «il clown e giocoliere francese Miloud Oukili scoprì che nelle fogne di Bucarest vivevano migliaia di bambini, che ogni tombino era la porta d’ingresso verso un mondo di giovani disperati, alcuni orfani, altri scappati di casa. Decise allora di fermarsi, per insegnare a quei bimbi la sua arte. Nacque così l’associazione Parada, che in tanti anni ha salvato dall’emarginazione centinaia di ragazzi ed è oggi riconosciuta dal ministero della Cultura della Romania. Una realtà simile esiste a Lisbona, grazie al progetto ”Chapitò”, ideato dalla clown portoghese Teresa Ricou per insegnare le arti circensi ai ragazzi di strada». La giocoleria, ricorda Angelini, è anche un percorso di avvicinamento alla pace interiore: «Anni fa Dave Finnigan, direttore dell’International Jugglers Association, decise di trascorrere l’estate nel Taiwan rurale, in una scuola di giocoleria diretta dal Maestro Huang, esperto di arti orientali». Dopo tre mesi di duro allenamento e meditazione con giocolieri provenienti da tutto il mondo, scrisse queste parole: «Nella giocoleria non puoi fare mai soltanto una cosa. Per ogni lancio c’è una presa. Nella vita non puoi fare niente isolatamente. Ho appreso che sono capace di creare degli schemi perfetti nella mia giocoleria come nella mia vita, se ascolto la mia voce interiore e la seguo».