Elisa Vallinotto, Macchina del Tempo, giugno 2004 (n.5), 5 giugno 2004
Ata Allah, dono divino, così viene chiamato il dromedario dai beduini del deserto. Addomesticato migliaia di anni fa, è stato fondamentale per lo sviluppo dei Paesi dell’area mediorientale e della penisola arabica: è l’unico animale in grado di sopravvivere in ambienti inospitali persino per le capre
Ata Allah, dono divino, così viene chiamato il dromedario dai beduini del deserto. Addomesticato migliaia di anni fa, è stato fondamentale per lo sviluppo dei Paesi dell’area mediorientale e della penisola arabica: è l’unico animale in grado di sopravvivere in ambienti inospitali persino per le capre. Il dromedario, o cammello arabo come viene anche chiamato, è stato per secoli l’unico mezzo di trasporto a disposizione delle popolazioni locali. Un esemplare adulto può percorrere in una giornata anche 50 km, portando un carico di 150 chili; se cavalcato, può trasportare una persona per otto ore a una velocità costante di 15 km/h. Le riserve di grasso accumulate nella gobba possono sostentarlo per parecchi giorni. Dal suo latte si ottengono yogurt e formaggi; la sua carne è considerata una prelibatezza della cucina araba; con la sua lana (3 chili a ogni muta) e la pelle si fanno abiti e tende. Nel deserto, di giorno la sua mole è usata come unica fonte di ombra, mentre di notte i suoi escrementi si trasformano in combustibile per i fuochi. Ancora oggi la ricchezza di un arabo viene misurata in funzione del numero di dromedari posseduti. Coinvolto nello sviluppo turistico, è diventato un’attrazione per chi desidera effettuare escursioni nel deserto e per chi vuole assistere alle gare riservate ai dromedari da corsa.