Macchina del Tempo, giugno 2004 (n.5), 5 giugno 2004
Ho appena finito di leggere il libro di Dan Brown ”Il Codice da Vinci” ma confesso di non avere ben capito cos’è la sequenza di Fibonacci che viene citata
Ho appena finito di leggere il libro di Dan Brown ”Il Codice da Vinci” ma confesso di non avere ben capito cos’è la sequenza di Fibonacci che viene citata. Potete aiutarmi a capirci qualcosa di più? Ugo Marietti - Roma Per rispondere al lettore, abbiamo chiamato gli esperti di ”Macchina del Tempo”, che sono andati a leggersi il passo ”incriminato”: «Langdon non riusciva a staccare lo sguardo dalle lettere rosse tracciate sul pavimento. L’ultima comunicazione di Jacques Saunière era il più improbabile messaggio d’addio che lo studioso potesse immaginare. Il messaggio diceva: 13’3’2-21-1-1-8-5 O, Draconian devil! Oh, lame saint!. Langdon non aveva la minima idea del significato. [...] ”Questo codice” – spiegò Sophie, – ”è di una semplicità quasi assurda”. Prese di tasca un foglietto e lo mostrò a Fache. ”Ecco la decrittazione”. Fache guardò: 1-1-2-3-5-8-13-21. ”Tutto qui?” ribatté l’uomo. ”Ha solo messo i numeri in ordine crescente!”. [...] ”Capitano” continuò Sophie, ”la sequenza che le ho dato è una delle più importanti progressioni matematiche della storia. la sequenza di Fibonacci” spiegò la donna. ”Una progressione in cui ciascun termine è pari alla somma dei due termini precedenti”. Fache studiò i numeri. ”Fibonacci ha elaborato questa successione di numeri nel Tredicesimo secolo. ovvio che non può essere una coincidenza se tutti i numeri scritti sul pavimento da Saunière appartengono a quella famosa sequenza” [...]». Nel libro di Dan Brown parte dell’enigma ruota proprio attorno alla sequenza di Fibonacci e al numero Phi (o Fi), ovvero 1,618, che rappresenta uno dei più grandi misteri della matematica, perché sembra legare a sé molte opere della natura e dell’uomo, arrivando a contagiare persino l’Universo. Com’è nato? Tutto comincia nel 1223 a Pisa, quando l’imperatore Federico II di Svevia assiste a un torneo tra matematici. C’è un quiz da risolvere: «Quante coppie di conigli s’ottengono in un anno supponendo che ogni coppia dia alla luce un’altra coppia ogni mese e che le coppie più giovani siano in grado di riprodursi già al secondo mese di vita?». Il matematico pisano Leonardo Fibonacci vinse la gara così in fretta da far sospettare che il torneo fosse truccato. Ma la sua soluzione era originale: il numero totale di coppie generate alla fine di ogni mese s’ottiene sommando il numero delle coppie presenti nei due mesi che lo precedono secondo la sequenza 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55..., dove ogni numero è la somma dei due che lo precedono (alla fine dell’anno, nella conigliera ci saranno 233 coppie!). Questa serie di numeri è nota come sequenza di Fibonacci e nei secoli si scoprì che è nascosta ovunque: nelle conchiglie, nelle corna e nei becchi di alcuni animali, nei fiori e persino nelle braccia a spirale della Via Lattea e di molte altre galassie. Perché? Tutti hanno la forma di una spirale logaritmica, che s’allunga incurvandosi sempre di più e prosegue verso l’interno senza raggiungere mai il centro. S’ottiene disegnando uno accanto all’altro una serie di quadrati, il cui lato è uguale alla somma dei due che lo precedono (esattamente come i numeri della sequenza). Tracciando delle porzioni di circonferenze all’interno di ogni quadrato, s’ottiene una spirale logaritmica. I numeri di Fibonacci, inoltre, compaiono anche negli edifici costruiti dall’uomo. La sequenza, infatti, ha un’altra proprietà. Calcolando il rapporto di ogni numero con quello precedente, emerge che tutti i rapporti convergono a un numero detto Phi, i cui primi termini sono 1,618034. Questo significa che ogni numero è circa 1,618034 volte più grande del numero precedente. Il Phi era già noto nell’antichità come il numero aureo, che i greci chiamavano ”proporzione divina”. Fu usato nella costruzione del Partenone e nelle statue con fattezze umane: l’ombelico divide l’altezza del corpo in due segmenti; quello superiore viene diviso all’altezza del collo in altri due e gli occhi dividono la testa in maniera analoga. A partire dal Rinascimento, le belle arti hanno fatto uso della proporzione divina nella forma delle tele e nelle dimensioni delle figure. Già nell’800, molti oggetti rettangolari, come carte da gioco, finestre e copertine di libri, avevano un rapporto base-altezza che s’avvicinava al rapporto aureo. Oggi gli esperti di marketing si servono delle dimensioni auree per vetrine, manifesti e molto altro. Osservate la forma della vostra carta di credito. Non vi sembra una ”proporzione divina”? Lo è.