Giorgio Dell’Arti, L’Indipendente 30/05/2004, 30 maggio 2004
30 Nell’anima di Achille si aggiunse quindi una nuova passione: all’amore per Troilo, Polissena e Briseide, all’odio per Agamennone, lo strazio per Patroclo le cui carezze erano perse per sempre
30 Nell’anima di Achille si aggiunse quindi una nuova passione: all’amore per Troilo, Polissena e Briseide, all’odio per Agamennone, lo strazio per Patroclo le cui carezze erano perse per sempre. Le sue grida rimbombavano in alto nel cielo. Chiamò Agamennone e disse: ”Non mi importa più di Briseide, adesso mi importa solo di Ettore”. Agamennone disse: ”Briseide è tua, quella storia è finita, io non l’ho neanche toccata”. La madre Tetide gli portò una nuova armatura, forgiata da Efesto. Con quella Achille si lanciò contro i troiani. 31 La furia di Achille spezzò la massa troiana in due parti: una fuggiva verso il fiume, l’altra verso le mura di Troia. Inseguendo questi ultimi, a un tratto, Achille si trovò di fronte a Ettore. I due eserciti si fermarono, nessuno poteva distrarre i due eroi. Ma l’aspetto di Achille era così terribile, che Ettore si scorò e prese a fuggire. Egli pensava ad Andromaca ed era pieno delle tenerezze del suo piccolo figlio Astianatte. Non si può essere soldati e tenere famiglia. Scappava intorno alla città e Achille lo inseguiva implacabile, più veloce di lui. Fecero un giro, due giri, tre giri. Poi Ettore si fermò e affrontò il suo destino: si fermò, si girò verso Achille e non fece neanche in tempo a levare la lancia che l’altro lo trafisse nel cuore. Cadendo egli chiese che il suo corpo fosse reso alla famiglia. Ma Achille non lo ascoltava. Gli trafisse i talloni, passò nei buchi la cinta rossa che era stata di Aiace, poi lo legò al suo cocchio e con quella cupa esultanza che solo gli assassini conoscono spronò Balio, Pedaso e Xanto e trascinò il corpo fino alla tenda, la testa di Ettore, dai riccioli neri, sballonzolante, e dietro, nella gran polvere, una striscia di sangue. 32 Dopo i funerali di Patroclo (furono sgozzati dodici prigionieri troiani e tra questi alcuni figli di Priamo) Achille non trovava pace e ogni mattina spronava i cavalli e trascinava nella polvere il corpo di Ettore. Ma Apollo fece in modo che, in tutto quel tempo, il corpo di Ettore non si corrompesse. Si sa che le anime dei morti, se i vivi non le interrano o non le bruciano, vagano infelici per il resto del tempo. Il re Priamo si presentò alla tenda di Achille. Quali altri dolori bisognava condividere per provare finalmente pietà? Non sapeva il figlio di Tetide che la rabbia, il dolore, la vendetta non erano che illusioni, dato che poi la morte avrebbe dato a tutti lo stesso tipo di pace? E anche Achille: il suo destino era segnato dal fato e l’eroe stesso sapeva che non sarebbe tornato da Troia. Il re stava in ginocchio, i due uomini piansero insieme. Ma il cadavere di Ettore non fu restituito senza un riscatto. Posto il suo corpo sul piatto di una bilancia, i troiani dovettero riempire l’altro piatto con tutto il tesoro di Troia. E ancora non avevano pareggiato il peso. Allora Polissena, l’amore di Achille, che stava a guardare affacciata alle mura, buttò giù i suoi gioielli e finì di pagare il riscatto. Achille, pieno di ammirazione, disse. ”Tieniti il tuo oro e dammi tua figlia”. ”E tu persuaderai i greci a tornarsene a casa?”. Achille rispose: ”Ci penserò”. 33 Durante i funerali di Ettore, i troiani piansero con tanta forza e i greci con tali urla tentarono di coprire le loro grida, che gli uccelli tramortiti piovevano giù dal cielo. 34 Pentesilea, l’amazzone, respingeva gli assalti di Achille e infine Achille la uccise con un colpo di lancia. Poi, vedendo quant’era bella, prese a baciare il cadavere e, crescendogli dentro la passione, infine la penetrò, benché morta. Tersite, il più brutto dei greci, si mise a gridare: ”Guardate che fa! Sacrilegio! Empietà”. Achille allora gli diede sulla bocca, gli fece saltare i denti, lo spedì in un sol colpo nel Tartaro. 35 Il nero Memnone, il bellissimo etiope, uccise Antiloco, figlio di Nestore, e guidò poi i troiani fin sotto le navi. Aiace lo stava per affrontare, ma Achille, chiamato da Atena, scostò bruscamente il cugino e con un solo colpo di spada lo decapitò. Memnone era figlio di Eos, la dea del sole che sorge. Essa chiese al dio Zeus: ”Oh Dio, fa che Memnone, benché ucciso da Achille, viva lo stesso in eterno”. Zeus non rispose, ma trasformò le donne di Memnone, che continuavano a piangerlo, in galline faraone. Ogni mattina Eos, ricordando suo figlio, bagna le piante delle sue lacrime. segue in quarta