Giorgio Dell’Arti, L’Indipendente 30/05/2004, 30 maggio 2004
26 Ma, nell’anima di quell’eroe che aveva già pensato al tradimento per amore di Polissena e che, pur amando Polissena, continuava ad accarezzarsi con Patroclo, scoppiò adesso una nuova passione
26 Ma, nell’anima di quell’eroe che aveva già pensato al tradimento per amore di Polissena e che, pur amando Polissena, continuava ad accarezzarsi con Patroclo, scoppiò adesso una nuova passione. Come fare a meno di Briseide, che era stata l’amante di Troilo, un altro dei suoi tanto amati? E come sopportare un insulto tanto pesante? Non c’erano altre schiave nel campo che potessero far felice Agamennone? Perché il re aveva scelto di mostrare la sua prepotenza proprio a lui? Così cominciò l’ira di Achille. Invano Patroclo cercava di consolarlo. Achille annunciò che non avrebbe più combattuto e che anzi domani, o comunque al più presto, avrebbe imbarcato il suo popolo e sarebbe tornato a Ftia. 27 I greci, senza Achille - e spaventati anzi al pensiero che Achille non c’era - si ritraevano. Diomede affrontò Glauco, e durante il duello parlarono e scoprirono che i padri loro erano stati amici: cessarono di combattere e si scambiarono le armi. Ci fu il duello tra Ettore e Aiace e a sera, ammirati entrambi dal valore dell’altro, si fecero regali. Ettore donò ad Aiace la sua spada dall’elsa d’argento. E Aiace donò a Ettore la sua cintura rossa. 28 I greci avevano eretto un muro davanti alle navi e il giorno dopo, esaltati dal successo, i troiani guidati da Ettore aprirono una breccia in quel muro, giunsero fin quasi alle navi e qui incendiarono la nave di Protesilao. Tutto sembrava perduto, nonostante le profezie, e Patroclo corse da Achille a chiedergli le sue armi. ”Achille, i troiani si fanno forti della tua assenza. Ma se, travestito con la tua armatura, il tuo elmo, la tua spada, crederanno che tu sei tornato in campo, questo sarà sufficiente a sgominarli”. Achille sorrideva: Patroclo non era questo gran combattente. Gli diede l’armatura, l’elmo, la spada. Patroclo, travestito da Achille, si gettò nella battaglia. 29 Saranno state le armi, o ciò che era scritto nel destino, ma Patroclo, un tenero maschio destinato ad altri maschi, si gettò in campo come un leone. Trafisse Pirecno, spense l’incendio della nave, abbattè Sarpedone: sembrava Achille e i troiani credettero che l’eroe fosse tornato a combattere. Spaventati fuggirono e Patroclo li inseguiva. Giunsero fino a Troia, entrarono nella città e Patroclo prese ad arrampicarsi sul muro e sarebbe arrivato fino in cima se Apollo non lo avesse respinto tre volte. Poi, al calar della notte, scese la nebbia e Patroclo continuava a combattere. Apollo allora lo colpì tra le scapole, facendogli rotolare l’elmo e spezzare la lancia. Gli aprì poi la corazza ed Euforbo, che stava lì vicino, gli diede un gran colpo. Poi giunse Ettore e lo finì con un solo colpo di lancia. 30 Nell’anima di Achille si aggiunse quindi una nuova passione: all’amore per Troilo, Polissena e Briseide, all’odio per Agamennone, lo strazio per Patroclo le cui carezze erano perse per sempre. Le sue grida rimbombavano in alto nel cielo. Chiamò Agamennone e disse: ”Non mi importa più di Briseide, adesso mi importa solo di Ettore”. Agamennone disse: ”Briseide è tua, quella storia è finita, io non l’ho neanche toccata”. La madre Tetide gli portò una nuova armatura, forgiata da Efesto. Con quella Achille si lanciò contro i troiani.