Giorgio Dell’Arti, L’Indipendente 30/05/2004, 30 maggio 2004
16 Alla fine la flotta tornò indietro. Stavano ora di nuovo in Aulide e soffiava un vento contrario
16 Alla fine la flotta tornò indietro. Stavano ora di nuovo in Aulide e soffiava un vento contrario. Agamennone e gli altri eroi greci pensavano: ”Gli dèi sono contrari”. 17 Venne Calcante e disse chi era. Agamennone gli chiese perché i venti soffiavano contro le navi e se sapeva la rotta e come sarebbe andata la guerra. Calcante rispose: ”Per far placare i venti bisogna sacrificare ad Artemide tua figlia Ifigenia. Sì, conosco la rotta e vi condurrò nella Troade. La guerra durerà dieci anni e Troia sarà distrutta. Il primo greco che metterà piede sulla spiaggia di Troia sarà ucciso”. 18 La moglie di Agamennone si chiamava Clitennestra ed era sorella di Elena. Agamennone la ingannò: dicendo che Ifigenia avrebbe sposato Achille, la fece partire da Micene e venire nell’Aulide. Quando la figlia gli fu davanti, le spiegò di che si trattava. Ifigenia, senza dar segni di paura, disse che volentieri, per la gloria dei greci, avrebbe offerto il collo all’accetta. 19 Calcante conosceva la rotta e dopo una navigazione di molti mesi condusse la flotta nella Troade. Qui, si sapeva, il primo greco a sbarcare sarebbe stato ucciso. I troiani aspettavano in formazione di battaglia. Tutti guardarono Achille, l’eroe biondo, il più grande di tutti. Ma Achille non si muoveva. Poi guardarono il Grande Aiace, che sovrastava tutti in altezza e sapeva imbracciare uno scudo fatto con la pelle di sette tori, così presuntuoso che durante i combattimenti respingeva gli dèi che volevano aiutarlo (’non ho bisogno di voi, andate dai miei compagni”). Ma il Grande Aiace non si muoveva. Poi guardarono il Piccolo Aiace, basso e veloce, nessuno come lui sapeva scagliare la lancia e solo Achille lo sconfiggeva nella corsa. Ma neanche il Piccolo Aiace si muoveva. Poi guardarono Odisseo, l’astuto. Ma, proprio perché astuto, Odisseo guardava da un’altra parte. Infine Protesilao fece un balzo e atterrò sulla spiaggia per primo. Egli aveva lasciato una moglie, Laodamia, che lo amava al tal punto da essersi fatta fare una statua di cera identica a lui e tutte le sere si coricava con accanto la statua e la accarezzava e la baciava così che il padre di lei, Acasto, per porre fine a quell’ossessione, aveva ordinato che la statua venisse bruciata. Protesilao balzò, si gettò contro i troiani e ben presto venne trafitto. L’anima sua allora apparve a Laodamia e le disse: ”Eccomi qua, son morto. Moglie mia, vieni con me”. E Laodamia, senza perdere tempo, si infilò un pugnale nel petto. 20 Quando si dice ”l’ira di Achille” oppure ”la furia di Achille” si vuole alludere alla sua anima appassionata, che amava e odiava senza limiti e cambiava di continuo d’umore. Egli, vista la morte di Protesilao, spiccò un salto così prodigioso che una sorgente sgorgò dove i suoi piedi toccarono terra. Poi, nel corso della battaglia, si trovò contro Cicno, il figlio di Posidone, che fino a quel punto aveva ammazzato decine di greci. Egli lo colpì in faccia con tale furore che Cicno cadde riverso e Achille lo strozzò con i cinturini dell’elmo. Poi incontrò Troilo, il principe figlio di Priamo, e stavolta restò rapito dalla sua bellezza. ”Mettiti con me o sarò costretto a ucciderti”. Ma Troilo continuava a combattere. Achille allora, preso insieme dall’ardore di guerra e da quello d’amore, gli saltò addosso e lo violentò con tal forza che quello ebbe le costole rotte e il viso tumefatto e quando videro in che stato si trovava era ormai morto perché Achille, dall’insana passione, dopo averlo posseduto, l’aveva trafitto con una lancia.