varie, 31 maggio 2004
AMATO1
AMATO Antonio Giugliano (Napoli) 1969, Al-Khobar (Arabia Saudita) 29 maggio 2004. Cuoco. Ucciso in Arabia Saudita dai terroristi che avevano assaltato l’Oasis Resort di Al-Khobar. «’Lasciatevi tentare dalle ricette del nostro chef italiano”, ammiccava l’invito sui depliant dell’esclusivo Oasis Resort di Al-Khobar. Dietro quei piatti, scuote la testa un vecchio amico, c’era ”tutto il suo ottimismo, la sua inesauribile voglia di riuscire”. Era la tenacia l’ingrediente principale di questo ragazzone con le spalle larghe, il pizzetto canagliesco e un sogno mai tradito, fare il cuoco, ”ma sul serio, in grande”, cioè in giro per il mondo come diceva già da ragazzino. Antonio Amato, trentacinque anni, primo di tre fratelli, figlio di un odontotecnico venuto dalla Sicilia molto tempo fa, aveva questa villetta con giardino e gli anziani genitori ad aspettarlo: ormai da un pezzo, su un fazzoletto di terra di frontiera, Giugliano di Napoli, vastissimo comune a nord del capoluogo. la casa dove Antonio tornerà, assassinato: abitazione di mattoncini rossi a due piani, in mezzo a distese di noccioleti e alberi di prugne, tra decine di cantieri fuorilegge e una enorme discarica di immondizia che ha appena riaperto malgrado le barricate di migliaia di cittadini, tra le residenze degli uffici Nato e i rumorosi enormi stabilimenti balneari. Forse, scappava anche da tutto questo Antonio, chef in ascesa, un ”ariete” capace di ripartire sempre. ”Alla prossima, mi fermo più a lungo, va bene? Tanto lo sai che il lavoro per me non sta sotto casa”, così coccolava sua madre Pompea. Invece è morto ucciso mille miglia lontano da questa quiete di provincia malata. Sgozzato nell’ala lussuosa dell’albergo arabo dov’era stato assunto con suo orgoglio, poco dopo aver scritto su sms: ”State tranquilli, qui per me va tutto bene”. E non c’è una fidanzata a piangerlo tra tanti amici ”è perché era stato sfortunato, anche dal punto di vista sentimentale. Si era innamorato di una ragazza che poi lo aveva tradito, qualche anno fa. Una brutta ferita, una delusione che lo aveva scottato - racconta una vicina di casa, capelli bianchi e sguardo gonfio di lacrime - Anche per questo, non aveva remore a girare per il mondo. L’ho visto crescere, io. La sua solarità commuoveva. Non si fermava mai, se aveva un obiettivo. E comunque, se n’era andato per lavorare con dignità”.[...] Antonio si godeva la sua fama straniera e fingeva di non aver paura. Mostrava solo la fierezza di aver aggiunto un altro pezzo di strada al suo curriculum. C’era arrivato da lontano a quel ”paradiso da sceicchi”, come li chiamava nelle sue divertite lettere via e-mail a uso familiare. Prima frequenta l’istituto tecnico che non corrisponde ai suoi sogni, poi frequenta scuole di alta cucina a Napoli e a Sorrento, va in Francia a seguire l’arte culinaria Cordon Bleu, infine le esperienze sulle grandi navi da crociera americane, dall’Europa a Cuba, dalle coste statunitensi ai Paesi Arabi. Al suo ”paradiso” della morte ad Al-Khobar, Antonio c’era arrivato da Giugliano, aveva invaso il web con le sue foto e credenziali, era approdato all’Oasis dopo lunga e onorevole gavetta. Anche ora, su internet, ammicca il suo invito: ”Chef proveniente da Napoli, esperienze internazionali dal ”91, è disposto a lavorare per la stagione 2004”» (Conchita Sannino, ”la Repubblica” 31/5/2004).