Simona Lambertini, Macchina del Tempo, giugno 2004 (n.6), 29 maggio 2004
Una delle attrazioni della mostra parigina è Lyakhov, il mammut di Vollosovitch (a sinistra nel riquadro piccolo), scoperto nel 1903 sull’omonima isola, offerto nel 1912 alla Francia dal Conte Alexandre de Stenbock-Fermor, finanziere della spedizione
Una delle attrazioni della mostra parigina è Lyakhov, il mammut di Vollosovitch (a sinistra nel riquadro piccolo), scoperto nel 1903 sull’omonima isola, offerto nel 1912 alla Francia dal Conte Alexandre de Stenbock-Fermor, finanziere della spedizione. Lyakhov, uno dei pochi mammut fuori dal territorio russo: l’esportazione, infatti, è proibita. Non sarà possibile, ad esempio, vedere Jarkov, l’esemplare estratto in ”carne e ossa” nel 1999 dai ghiacci della penisola di Taimyr in Siberia (a sinistra, le sue zanne vengono trasportate su una slitta). La testa dell’animale era stata recuperata l’anno prima, ma per il corpo è stato necessario attendere condizioni climatiche favorevoli. La terra gelata era stata segata tutto intorno all’animale e con un gigantesco elicottero l’intero blocco, 24 tonnellate, è stato trasferito in un tunnel che ai tempi di Stalin serviva da «gulag» per i dissidenti nella città di Khatanga. Non può essere visto dai turisti ma solo dagli scienziati. In laboratorio è cominciato un lento processo di scongelamento, per evitare che si putrefacesse. Jarkov era un esemplare di 47 anni, alto 3,3 metri e dal peso di 4 tonnellate, morto 23.000 anni fa, probabilmente mentre stava pascolando nella steppa. Per raggiungere forse un ciuffo d’erba particolarmente appetitoso, si spinse su un ponte di ghiaccio, che non resse al suo peso. Così Jarkov cadde nel permafrost, un terreno di ghiacci perenni le cui temperature hanno garantito la perfetta conservazione dell’animale. Interessanti anche i ritrovamenti intorno alla carcassa: l’erba verde recuperata darà la possibilità di conoscere piante preistoriche, cosa che non è stata possibile con i ritrovamenti del passato. Sempre a Khatanga, infatti, erano stati ritrovati importanti resti di altri esemplari, ma in quelle occasioni, scongelando gli animali per ricavarne lo scheletro, si sono perse per sempre informazioni importantissime ottenibili solo con le moderne tecnologie. Tecnologie che hanno permesso anche il recupero di tessuti intatti e quindi di Dna, cosa che per un certo periodo ha scatenato la suggestiva ipotesi che i mammut si potessero clonare, idea per ora non realizzabile.