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 2004  maggio 29 Sabato calendario

Per la prima volta dopo più di vent’anni, il tesoro di Tutankhamon torna in Europa. All’Antikenmuseum di Basilea (www

Per la prima volta dopo più di vent’anni, il tesoro di Tutankhamon torna in Europa. All’Antikenmuseum di Basilea (www.tutankhamun.ch), infatti, fino al 3 ottobre prossimo, è in corso la mostra ”Tutankhamon-l’oro dell’aldilà”, dove verranno esposti 120 pezzi originali (in queste pagine vi mostriamo i più belli). Oltre a 50 delle più importanti opere provenienti dal sepolcro di Tutankhamon, ci saranno anche suppellettili rinvenute nelle tombe degli altri re della XVIII dinastia. Questa esposizione è l’occasione per occuparsi di tutti i misteri che avvolgono questo sovrano. Chi si cela dietro la sua ”maschera”? Chi ha dato la vita al giovane faraone? E a chi si deve la sua scomparsa? è un viaggio emozionante attraverso la storia, i misteri e quella valle sacra percorsa dal Nilo che ci riporta nella terra dei mitici faraoni alla fine del Nuovo Regno, l’epoca in cui visse Tutankhamon. Fino alla scoperta della sua tomba, questo faraone non era altro che una pallida figura di sovrano vissuto alla fine della XVIII dinastia, del quale si conosceva poco più del nome. Oggi è divenuto uno degli emblemi della civiltà faraonica, grazie alla celebrità che gli ha dato il ritrovamento del ricchissimo contenuto della sua sepoltura. Il suo nome non compare nelle liste dei sovrani d’Egitto stilate ad Abydos e a Karnak, come quello di Akhenaton di Smenkhara e di Aï, i suoi predecessori e il suo successore più prossimo. Pertanto ci si interroga sull’identità del faraone e per molto tempo è stato difficile collocarlo nella successione dei re del periodo amarniano. La cosiddetta epoca di Amarna prende il nome dalla nuova capitale fondata dal faraone Amenhotep IV, meglio conosciuto come Akhenaton. certo che Tutankhamon è stato allevato ad Amarna. Sono molti gli elementi del corredo della sepoltura che ricordano l’infanzia passata alla corte di Akhenaton. All’epoca,Tutankhamon si chiamava Tutankhaton. Quello che divenne in seguito il faraone più famoso d’Egitto non è altro che un orfano della Storia: il nome dei suoi genitori non è noto. è certo che Tutankhamon fosse di stirpe reale, ma i documenti fino a oggi ritrovati tacciono circa le sue origini. Per molto tempo s’è voluto vedere in Amenhotep III il padre naturale di Tutankhamon (quindi fratello carnale del più noto Akhenaton), basandosi su documenti in cui il giovane sovrano gli si rivolge chiamandolo ”padre”. Mettendo a confronto le date dei regni dei tre faraoni in questione emergerebbe, però, una lunga coreggenza tra Akhenaton e Amenhotep III, resa ben poco probabile dalle testimonianze archeologiche. Inoltre, non si deve tralasciare che il termine ”padre”, nell’antico Egitto, poteva indicare anche un antico antenato. Partendo da queste considerazioni, l’ipotesi più probabile è che Tutankhamon sia figlio dello stesso Akhenaton. La madre sarebbe allora la bella Nefertiti? Poco probabile, dal momento che Nefertiti avrebbe dato al suo sposo sei figlie. L’ipotesi di maternità è ricaduta su Kya, una moglie secondaria, il cui nome è venuto alla luce solo una quindicina di anni fa. Di recente, s’è fatta largo una teoria molto suggestiva che non ha trovato ancora terreno fertile tra gli egittologi. è quella avanzata da Mark Gabolde, studioso dell’università di Montpellier, che ammette Akhenaton come padre di Tutankhamon, ma sostiene che la madre sia la stessa Nefertiti. Tra le varie prove portate da Gabolde, quella che spicca è l’analisi d’una scena presente sulle pareti della tomba regale di Amarna, dove compare una donna che tiene tra le braccia un bimbo (sarebbe Tutankhamon, all’epoca chiamato Tutankhaton), settimo figlio di Akhenaton. Ma l’iscrizione geroglifica è troppo lacunosa per trarre conclusioni sull’identità del bambino. Ciò che è sicuro è che Tutankhaton, alla morte di Akhenaton e del suo coreggente Smenkhara, quando aveva ancora circa nove anni, viene incoronato a Menfi sovrano d’Egitto. Sposa Ankhesenpaaton, terza figlia di Akhenaton e Nefertiti, di certo maggiore di lui (14 o 15 anni). I primi passi del re fanciullo vengono guidati dagli ”uomini forti” della corte. Tra questi il ”padre divino” e futuro faraone Aï, il generale Horemheb che concluderà sempre come faraone la XVIII dinastia e il tesoriere Maya. Di quest’ultimo e di Horemheb restano le magnifiche tombe che si fecero allestire a Saqqara, splendide testimonianze di una forte prosperità del Paese. Sotto l’influenza di questi competenti dignitari, l’Egitto sembra ritrovare la floridezza del regno di Amenhotep III. Vengono condotte anche piccole operazioni militari a Est, dove s’era assistito a un indebolimento dell’influenza egiziana durante il regno di Akhenaton. Con l’avvento di Tutankhaton al trono, si ritorna all’ortodossia di Amon. La rivincita dei sostenitori del vecchio dio dinastico, depauperati del loro potere durante il periodo dell’’eresia”, non tarda a farsi sentire. Forse nel secondo anno di regno il re e la regina rimpiazzano ”aton” con ”amon” nella parte finale dei loro nomi, dando un forte segnale di adesione al nuovo ordine di cose cancellando l’allusione allo ”scomodo” rivale del dio tebano. Tutankhaton (’immagine vivente di Aton”) diviene Tutankhamon (’immagine vivente di Amon”), mentre Ankhesenpaaton (’ella vive per Aton”), sua moglie, diviene Ankhesenamon (’ella vive per Amon”): era l’inizio della ”restaurazione”. Proprio con questo nome è conosciuto un decreto, promulgato nel quarto anno di regno, da Menfi, in cui il re ordina il rifacimento delle statue e delle barche degli dei, la ricostituzione del personale sacerdotale e il ripristino delle rendite dei templi, nuovamente aperti. All’inizio dell’iscrizione il sovrano viene indicato come ”prediletto” di Amon-Ra, Atum, Ra-Horakhti, Ptah e Thot, con un accumulo del tutto anomalo di titoli, con lo scopo di rendere giustizia a tutti i culti più importanti. Un quadro a tinte forti è scelto per la descrizione della desolazione in cui era caduto l’Egitto durante l’’eresia”: «[...] quando Sua Maestà si levò come re, i templi degli dei e delle dee, a cominciare da Elefantina (fino alle) paludi del Delta, eran caduti in abbandono, i loro tabernacoli erano andati in malora, ed eran divenuti campi che producevano erbacce; i loro sacrari erano come se non fossero mai esistiti; i loro cortili erano come vie battute. Il paese era in disordine, gli dei trascuravano questo paese» (da Sergio Donadoni, ”Testi religiosi egizi”, Garzanti). Circa nello stesso periodo dell’emanazione del decreto, il sommo sacerdote Parennefer introduce nuovamente il culto di Amon a Karnak e il clero del dio ritorna agli antichi splendori. Il giovane re si lancia in un piano costruttivo che non porterà a termine a causa della morte prematura. Molti monumenti, soprattutto nella zona di Tebe, furono ideati e in parte edificati da Tutankhamon, anche se usurpati in seguito dai successori. Horemheb, in particolare, colto da una febbrile attività edilizia, non si limitò all’usurpazione dei monumenti, ma anche della memoria stessa di Tutankhamon, appropriandosi del merito della stessa restaurazione. Con ogni probabilità a dirigere questi delicati mutamenti del quadro politico e religioso c’erano sempre le solite eminenze grigie: Aï e Horemheb, che vedevano di giorno in giorno aumentare la propria influenza e autorità a discapito del giovane sovrano, ormai burattino nelle loro abili mani. è proprio Aï a seppellire Tutankhamon, morto nel suo nono o decimo anno di regno senza lasciare eredi. Per una contraddizione del destino è il vecchio funzionario a ricoprire nelle cerimonie funebri il ruolo di ”figlio” per un re che non aveva neppure vent’anni, e in questa veste è rappresentato in una scena della tomba di Tutankhamon. L’opinione più diffusa è che la tomba che accolse in seguito le spoglie di Tutankhamon non fosse stata ideata per lui; non presenta infatti le classiche caratteristiche di un sepolcro regale. Aï l’avrebbe fatta preparare per sé, mentre Tutankhamon avrebbe previsto la sua tomba nei pressi di quella di Amenhotep III, nella zona occidentale della Valle dei Re; al momento del suo decesso prematuro, è stata utilizzata quella delle due che era più vicina al completamento. Era circa il 1325 a. C. La tenera età di Tutankhamon è testimoniata dalle analisi ai raggi X della sua mummia, che non hanno permesso però d’identificare con certezza le cause della morte. Apparentemente, è stata localizzata una piccola scheggia d’osso nella cavità cranica superiore che avrebbe potuto causare il decesso del re per emorragia cerebrale. La ferita potrebbe essere stata provocata da una caduta accidentale; partendo da questo dato la libera fantasia ha preso il volo. Tutankhamon assassinato? E da chi? Secondo alcuni gli autori del delitto andrebbero ricercati tra i più stretti collaboratori del re. E allora i sospetti ricadrebbero certamente su Aï e Horemheb che divennero entrambi faraoni alla morte di Tutankhamon. Il dibattito è aperto. La tomba di Tutankhamon, una volta accolte le spoglie reali e sigillata, sembra cadere nell’oblio e restare nascosta nella Valle dei Re fino al momento della sua scoperta avvenuta il 4 novembre del 1922 per opera di Howard Carter, un giovane archeologo che lavorava al servizio di Lord Carnarvon, un ricco proprietario terriero inglese. Tutankhamon era uno dei pochi sovrani dei quali non era ancora stata localizzata la sepoltura, pertanto Carter giunge a porsi questa ricerca come obiettivo primario. Ciò che ignorava era il fatto che la tomba era quasi intatta e presentava un corredo funerario in ottimo stato. Era tale la quantità degli oggetti ritrovati che 10 anni dopo vi stava ancora lavorando. Più di 5.000 pezzi di insuperabile bellezza divengono la più grande attrazione per i visitatori che giungono al Museo del Cairo. Tra questi la maschera del giovane sovrano, gli scrigni e i sarcofagi dorati e il suo trono. La struttura della tomba non rispecchia le caratteristiche di una sepoltura regale e rimane impossibile comprendere quale potesse essere la sua forma originale prima d’essere adattata ad accogliere le spoglie di Tutankhamon. Dopo la scalinata di accesso, un passaggio porta all’anticamera dotata di un annesso laterale e, sulla destra, si apre la camera funeraria alla quale è abbinata una stanza, ribattezzata da Carter ”la stanza del tesoro”. Solo la camera funeraria è decorata; le scene classiche che vedono il re defunto al cospetto di varie divinità sono abbinate a scene meno usuali, come quella che riproduce la mummia di Tutankhamon posta su una slitta. In mezzo alla camera sepolcrale si erge il sarcofago in quarzite rossa che contiene ancora oggi il primo dei tre sarcofagi che in origine racchiudevano la mummia del sovrano. Al momento della scoperta, nella camera funeraria quattro scrigni privi di fondo avvolgevano il sarcofago vero e proprio e i tre sarcofagi interni. Gli scrigni sono realizzati con assi di cedro ricoperte da stucco; tutti dotati di una porta a due ante, la cui chiusura era resa possibile da tre catenacci eburnei che scorrevano in anelli di rame. Una volta smantellati gli scrigni, Carter, prima di trovarsi di fronte alla mummia del faraone col volto coperto dalla maschera d’oro, deve aprire i tre sarcofagi antropomorfi inseriti uno nell’altro. Il sarcofago più interno è realizzato in oro massiccio. Tra le suppellettili è stato ritrovato anche uno scrigno dorato, destinato ad accogliere una cassetta in alabastro per i vasi canopi, dove erano conservate le viscere estratte dal corpo mummificato. Questi, all’interno, nascondevano quattro sarcofagi in miniatura. Per ora si tratta di creazioni uniche nel loro genere, non attestate in altre sepolture regali. La morte improvvisa di Lord Carnarvon a distanza di pochi mesi dall’apertura della tomba, accompagnata da una serie di decessi, solleticò la fantasia di giornalisti che iniziarono a parlare della ”maledizione di re Tut”. Le morti di coloro che erano entrati in contatto col mecenate inglese e Carter furono interpretate come prova dell’esistenza della maledizione. Erano fantasie: la maggior parte di coloro che furono coinvolti nella scoperta morirono per morte naturale, anche Carter. La scoperta della tomba di Tutankhamon ha permesso per la prima volta agli archeologi di ammirare la ricchezza del corredo di una sepoltura regale praticamente intatto. Ne segue un triste rammarico immaginando quali e quanti tesori nascondessero le tombe dei grandi faraoni come Thutmosi III e Ramesse II, qualora non fossero state violate. Ciò che sembra nuovo, nella tomba di Tutankhamon, è la quantità d’oro ritrovata: almeno due tonnellate! Scrigni, statue e suppellettili ricoperti d’oro e di metalli preziosi. Queste stesse tipologie di oggetti erano, almeno nelle altre tombe regali, ricoperte da uno strato di resina. Forse le ragioni di questa scelta vanno ricercate nel fatto che per gli antichi egiziani il nero rappresentava il colore simbolico che richiamava la vita e la rinascita secondo le credenze funerarie legate a Osiride, il re dell’aldilà. Il culto di questo dio è stato abbandonato all’epoca di Akhenaton. Ciò spiegherebbe la presenza così diffusa dell’oro, il colore del Sole allo zenith, adorato dal faraone ”eretico”. Tutankhamon si è voluto creare un aldilà dorato illuminato dai raggi del disco solare secondo le credenze del suo predecessore? Un percorso interpretativo interessante. Tuttavia non bisogna dimenticare che quella di Tutankhamon, in verità, non è altro che una sepoltura allestita in breve tempo, con un corredo ”improvvisato” con pezzi provenienti da almeno altre due sepolture previste per i suoi predecessori e riadattati al nuovo scopo. Nulla toglie, però, all’inestimabile valore di questo ”Tesoro” che ha fatto sognare intere generazioni di egittologi e semplici appassionati. Christian Orsenigo