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 2004  maggio 28 Venerdì calendario

Il business delle acque minerali in Italia complessivamente s’aggira attorno ai due miliardi di euro l’anno, spartiti tra 160 imprese che immettono sul mercato 280 marche differenti e danno lavoro a circa 7mila dipendenti più oltre i 30mila nell’indotto

Il business delle acque minerali in Italia complessivamente s’aggira attorno ai due miliardi di euro l’anno, spartiti tra 160 imprese che immettono sul mercato 280 marche differenti e danno lavoro a circa 7mila dipendenti più oltre i 30mila nell’indotto. Il consumo interno assorbe quasi tutta la produzione nazionale, che l’anno scorso ha sfondato gli 11 miliardi di litri: ogni italiano in media beve 182 litri l’anno, 41 in più dei francesi, il quadruplo degli americani. Un’indagine di Legambiente fa notare che "il comparto è tuttora in larga parte governato da un regio decreto del 28 settembre 1919", aggiornato solo in parte: ogni regione così concede le proprie sorgenti a tariffe diverse, stabilite con principi diversi. Tra gli esempi: in Abbruzzo, indipendentemente dalla quantità prodotta, si paga un forfait annuale di 2.582,28 euro per le minerali e 1.291,14 euro per le acque di sorgente. Alcune regioni invece fissano il canone in base al numero di ettari assegnati per svolgere l’attività: così in Puglia (1,03 euro ogni 10mila metri quadrati di concessione), in Liguria (5,01), nelle Marche (5,16), In Emilia Romagna (10,33), in Piemonte (20,65), in Sardegna (32,1), in Campania (32,87), nel Lazio (61,97) e in Toscana (63,5). La Lombardia, che nel 2003 ha decuplicato i canoni, nel 2001 ha speso 26 milioni di euro per lo smaltimento delle bottiglie di plastica, diciassette volte di più rispetto a quanto incasserà col nuovo tariffario.