Varie, 28 maggio 2004
STARACE
STARACE Potito Cervinara (Avellino) 14 luglio 1981. Tennista • «[...] San Potito, sfortunatamente decapitato ai suoi dì dall’imperatore Antonino. Certo meno noto della sua collega, Potito tiene sacrario nella cattedrale di Cervinara, ducato longobardo di Benevento, a partire - come tutti saprete - dal lontano 570 d.c. Proprio lì, in tanta attuale miseria di maschi italici, dovevamo trovare un tennista capace di far schiumare rabbia ad un bel numero di rappresentanti di Chauvin, mescolati ai 10018 spettatori dello stadio. Se Potito Starace è stato capace di rinfrescare la modesta notorietà del suo patrono, battendo il n. 10 del mondo Sebastien Grosjean, chi soffre, come lo scriba, di senescenza, ricorderà un lontanissimo ascendente, Achille. Segretario del Partito Nazionale Fascista dal ”31 al ”39, Achille era anche lui, a suo modo, uno sportivo. I suoi tuffi in divisa di orbace attraverso cerchi infuocati terminarono a Piazzale Loreto, il 29 aprile 1945. Simili audaci accostamenti non sembrano aver turbato la concentrazione del tennista Potito Starace [...] che sta traversando un momento di ispirazione. Avvezzo a tornei di terzo rango, quali i challenger, ne ha [...] vinto uno, a San Remo, e non si è più fermato [...] disinvolmente soprannominato dai miei colleghi franciosi Petitò, piccolino, sicura antifrasi del suo 1,90. La buona statura consente al neo-eroe patrio un notevole, ancorché non tonitruante, servizio. Quel che però riesce meglio a Starace è il diritto, e non soltanto quello anomalo, oggi dominio di qualsiasi professionista che si rispetti. A differenza di molti suoi colleghi terraioli, Potito mostra anche una ragionevole tendenza all’attacco, e altrettanto buona disposizione alla scelta degli angoli utili a volleare. Non altrettanto valido è il rovescio bimane, che diviene addirittura incerto quando il nostro è costretto a staccare la sinistra. Mentre annoto simili considerazioni, prego il lettore aficionado di essere benevolo. Ho sempre ritenuto che non sia possibile inoltrarsi in giudizi più che superficiali, se non si vede un tennista più di cinque volte, su fondi diversi, in buona e, soprattutto, in cattiva giornata» (Gianni Clerici, ”la Repubblica” 28/5/2004).