L’Indipendente 16/05/2004, 16 maggio 2004
La penisola araba è grande quasi un terzo dell’Europa, scarsamente popolata e desertica. In queste condizioni molto particolari, il mezzo di trasporto che predominava fino a non molti anni fa era il cammello, definito anche appunto la nave del deserto
La penisola araba è grande quasi un terzo dell’Europa, scarsamente popolata e desertica. In queste condizioni molto particolari, il mezzo di trasporto che predominava fino a non molti anni fa era il cammello, definito anche appunto la nave del deserto. Ma relegarlo al ruolo di mezzo di trasporto è riduttivo. C’era un rapporto di simbiosi tra l’arabo e questo mammifero artiodattilo che forniva lana, carne, grasso, latte, dava la possibilità di portare merci nei lontani mercati sopravvivendo a lunghe marce, e costituiva la cavalcatura irrinunciabile durante gli scontri. Addomesticato dal II millennio a. C., alto anche più di due metri, lungo oltre tre, il cammello può portare una soma superiore ai 200 chilogrammi. Se gli si procura foraggio è capace di marciare fino a venti giorni senza bere con 50 gradi di caldo. In realtà sarebbe corretto chiamarlo dromedario, visto che nella lingua italiana il cammello è quello asiatico con due gobbe, mentre nella penisola araba esiste la variante africana a una gobba. Durante il fascismo, infatti, nella foga di italianizzazione del Ventennio, le sigarette Camel vennero così chiamate Dromedario, dato che l’animale sul pacchetto di gobbe ne aveva giusto una.