L’Indipendente 16/05/2004, 16 maggio 2004
si prepara la spedizione difensiva Mentre stava per scadere il termine, lo scettico sentì uno straziante grido di aiuto
si prepara la spedizione difensiva Mentre stava per scadere il termine, lo scettico sentì uno straziante grido di aiuto. Damdam arrivava di corsa gridando: «La carovana! La carovana! Maometto e i suoi seguaci rapiscono i vostri beni!». Montava una sella messa a rovescio. I pantaloni erano lacerati davanti e dietro. Al suo cammello erano state tagliate le orecchie. Non solo la notizia ma anche le condizioni pietose di chi la recava destarono subbuglio. In un paio di giorni, i meccani preparano la spedizione difensiva. I ricchi aiutarono i poveri a procurarsi le armi e le cavalcature. Infine la truppa partì accompagnata da schiave col tamburello e altri strumenti musicali per tenere alto il morale. Il numero dei partenti, 950 uomini, 700 cammelli e 100 cavalli, testimoniava che i meccani non avevano preso sottogamba la minaccia. Ma nel corpo di spedizione aleggiava uno spirito disfattista. E la concordia, strada facendo, era sempre più lontana dal regnare. Alcuni erano venuti di malavoglia. Altri, tra cui persone eminenti, avrebbero preferito stare a casa. Come scrive il Caetani, è bene rammentare che i meccani erano un popolo di mercanti e non di guerrieri. Inoltre «una spedizione di questo genere era una novità senza precedenti, e quindi la organizzazione dové essere improvvisata, deficiente e imperfetta». Durante la marcia, i capi della spedizione meccana, per invogliare i combattenti, a turno offrirono gli animali necessari al sostentamento. Abu Gahl bin Hisam fece scannare dieci cammelli a Marr al Zahran. Umayyah bin Khalaf nove cammelli a Usfan. Suhayl bin Amr dieci a Qudayd. E così via fino a Badr dove Miqyas offrì nove cammelli. Questo dato non è un semplice dettaglio gastronomico ma serve a tracciare itinerario e durata del tragitto, dieci giorni. Un ritmo troppo lento vista la portata e l’imminenza del pericolo. Forse condizioni meteorologiche avverse ostacolarono la marcia. Maometto preparava il drappello di predoni, formato da emigrati meccani e medinesi, per assalire la carovana vicino a una tappa quasi obbligata, i pozzi di Badr. Quando comunicò il progetto, non tutti lo accolsero favorevolmente. Sorsero discussioni accese. Il saccheggio, in realtà, non era proibito. Ciò che tratteneva dal farlo, rinunciando alla prospettiva di facili guadagni, era il timore che fosse necessario usare la forza e magari uccidere. Gli emigrati meccani temevano il meccanismo delle vendette e controvendette, spirale di sangue senza fine. Maometto troncò le discussioni dicendo che chi voleva stare a casa lo facesse pure. Lo scopo della spedizione era la rapina, e rinunciare non comportava disonore. Il Caetani usa proprio il termine rapina. Maxime Rodinson, parla di brigantaggio («è difficile per noi chiamare diversamente tale comportamento»). L’islamista Sergio Noja Noseda non è d’accordo né col principe né coll’ex direttore della cole Pratique des Hautes tudes della Sorbona, usa il termine ”razzia” e spiega che si trattava di una pratica normalissima per gli arabi, ancora oggi molto viva nell’Africa nera. Il contingente guidato dal Profeta si riunì in al Baq, fuori Medina. Tre erano gli stendardi della spedizione, uno bianco e due neri. Maometto volle passare tutti in rivista e scartò sette volontari che erano troppo giovani. Un ragazzino, Umayr bin abu Waqqas, seppe eludere la selezione. Dopo la rivista, il Profeta pregò genuflettendosi e chiedendo a Dio di benedire Medina. Quindi spedì due spie, Adi bin abu Zughba e Basbas bin Amr, in avanscoperta. E partì alla testa di oltre 300 uomini e 70 cammelli sui quali si faceva a turno per riposare durante la marcia notturna. Alcune fonti riportano un numero di partecipanti diverso. La maggior parte indicano una cifra tra 307 e 318. Di questi 77 meccani e il resto medinesi. Cifra, quest’ultima, che cambia a seconda delle testimonianze pur restando in sostanza invariata la proporzione.