L’Indipendente 16/05/2004, 16 maggio 2004
a battaglia degli ossi di dattero nello sterco di cammello. Tutti quelli che masticano un po’ di storia islamica ricordano il combattimento di Badr per questo particolare coprologico
a battaglia degli ossi di dattero nello sterco di cammello. Tutti quelli che masticano un po’ di storia islamica ricordano il combattimento di Badr per questo particolare coprologico. O per quello delle due giovani meretrici che litigarono vicino al pozzo davanti alle spie. Ma i tratti salienti dello storico scontro sono altri tre. Quella di Badr è la prima battaglia dell’Islam. Fu mossa da Maometto contro i mercanti meccani per rapinarli dei loro averi. Avvenne in un periodo in cui i musulmani non avrebbero dovuto impugnare le armi, il Ramadan. Col trasferimento dalla Mecca alla Medina, Maometto aveva risolto il principale dei problemi, la persecuzione da parte dei suoi ex concittadini, i meccani appunto, che non sopportavano sentirlo predire la fine del mondo, il giudizio universale e la necessità di abbandonare tutti gli idoli tranne Allah. In quel periodo Maometto aveva anche un altro grande problema: trovare i soldi che gli consentissero di mantenersi dignitosamente. Poiché lavorare, nella coltivazione dei palmeti o nel commercio, non era consono a un Profeta, pensò di darsi al brigantaggio. E quale migliore occasione che assaltare la carovana che stava tornando da Gaza alla Mecca? Racconteremo ora come andarono le cose ai pozzi di Badr, il giorno venerdì 17 Ramadan (ossia martedì 13 marzo 624). Per farlo correttamente ci baseremo sugli ”Annali dell’Islam” del principe Leone Caetani, undici volumi che rappresentano il testo più attendibile e ricco sui primi 70 anni di storia dei musulmani. La carovana di ritorno dalla Siria rappresentava gli interessi di tutte le famiglie della Mecca, in particolare di quella di Said bin al-As abu Uhayah. Era guidata da abu Sufyan. Contava mille cammelli, anche se sarebbe più corretto parlare di dromedari visto che l’animale su cui si basava la società araba, come quella indiana sul bisonte, aveva una sola gobba. Il potenziale bottino ammontava 50 mila dinari. Una somma che avrebbe sistemato per un po’ le magre finanze dell’Inviato di Dio, che doveva mantenere la moschea, un certo numero di mogli e aiutare i seguaci. Quando abu Sufyan seppe che Maometto era intenzionato a tendergli un agguato, disponendo solo di una trentina di cavalieri coi quali non poteva opporre resistenza decise di mandare un messo per avvertire i meccani del pericolo incombente. Fu scelto tale Damdam. Si narra che tre notti prima che Damdam arrivasse alla Mecca, Atikah bint Abd al-Muttalib fece un sogno. La donna vide un cavaliere trafelato su un cammello che disse «Mancatori di fede! Accorrete al sito del vostro eccidio! Fra tre giorni!». Poi il cammello, salito sulla collina di abu Qubays, ripeté le stesse parole e spinse a valle un masso che rotolando esplose in frantumi colpendo tutte le case della Mecca. Il presagio nefasto fece il giro della città. I più si spaventarono. Alcuni non vi credettero. Abu Gahl, per esempio, disse che se nulla fosse accaduto entro tre giorni, avrebbe messo per iscritto che la famiglia Abd al-Muttalib era la più menzognera della Mecca.