varie, 20 maggio 2004
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Cruz Serena
• Filippine 20 maggio 1986. «La bimba che spinse Natalia Ginzburg a scrivere il suo ultimo libro [...] quei coniugi Giubergia ai quali fu ”tolta” a 3 anni nel 1989, perché, per adottarla nelle Filippine, violarono la legge dichiarando, falsamente, che il padre adottivo, un ferroviere adesso in pensione, era anche il suo papà naturale. [...] La sua storia divise l’Italia, e Natalia Ginzburg, nel pamphlet Serena Cruz o della vera giustizia, tentò di dare una risposta a un interrogativo lacerante: perché quella bambina fu portata via ai genitori che avevano frodato la legge, ma lo avevano fatto per un atto d’amore, per essere messi in condizione di volerle bene?» (Alberto Custodero, ”la Repubblica” 20/5/2004). «[...] Corrado Nigro e Kristina Ojaste Satu, i genitori adottivi di Serena Cruz (che in realtà si chiama Camilla) [...] Corrado Nigro ha perso la figlia (anche se una sentenza del Tribunale gli ha dato ragione), e s’è beccato tre infarti e un calvario che non è ancora finito. Gli hanno rovinato la vita, calpestando le leggi e i diritti, come dice Sara, il suo avvocato. Lui racconta di sentirsi come uno di quei testimoni della mafia, che dopo essersi comportati da cittadini onesti vengono abbandonati dallo Stato e perseguitati. ”Io ho fatto solo il mio dovere. Ma per questo ho dovuto pagare un prezzo troppo alto, e non ha senso, non è giusto. Mi avevano chiesto se volevo adottare Serena Cruz. Dissi di sì, e la mia famiglia è finita in un ingranaggio più grande di noi, sono diventato vittima dei Giubergia, dei comitati, dei giornalisti, dei parlamentari, delle mozioni, delle trasmissioni tv, delle raccolte di firme, degli appelli pubblici e privati. Come fai a educare una bimba così? E che colpa avevamo noi?”. [...] Ma questo è un Paese strano, dove tutto diventa un’altra storia senza fine, una guerra di bianchi e di neri, di guelfi e ghibellini, il trionfo delle lacrime e dei gnegné, perché noi siamo così. Crediamo a chi piange. Non a chi soffre. Eppure basta leggere la cronaca, dice Sara Negri, basta raccontarla. Serena Cruz viene adottata dai Giubergia, che secondo l’accusa la portano via illegalmente dalle Filippine. Che piaccia o no, si tratta di un reato. La bimba viene tolta ai Giubergia, consegnata in un orfanotrofio. L’Italia è divisa, mezzo paese insorge. un’ingiustizia? Può essere pure vero. ”Ma quello che accade dopo lo è ancora di più”, protesta Corrado. Che colpa hanno avuto lui e la sua famiglia? Lo Stato ha scelto loro come genitori adottivi. Gli pongono solo alcune condizioni. La bambina dev’essere tutelata, dall’altra famiglia, dalla stampa e dalla morbosità della gente. ”Nessuno deve sapere che siete stati voi ad adottarla”. Va bene, rispondono i Nigro. Gli chiedono di sparire. Va bene. Siamo a marzo ’89. Pochi giorni dopo parte la campagna, con il sostegno di tutto il Paese: una marcia pro Giubergia, una raccolta di firme pro Giubergia, e comitati spontanei sempre pro Giubergia. Una intervista al fratellino Nasario, 5 anni: ”Siete cattivi. Vi prego, riportatela a casa. Sono suo fratello, rivoglio Serena”. I Nigro le cambiano nome: la chiamano Camilla. Ma la raccolta di firme viaggia già sui pullman, in giro per l’Italia. Corrado trova investigatori privati sulle sue tracce e fotografi appollaiati sugli alberi, o nascosti nelle case di fronte come gli agenti della Cia nei film americani. Il 23 marzo, i Giubergia: ”La bambina tornerà tra noi. E vinceremo altre battaglie. Abbiamo già raccolto 5mila firme”. Tra queste ci sono quelle di Fini, allora segretario dell’Msi, Giorgio La Malfa e pure (incredibilmente) di Marco Pannella, il grande difensore dei diritti civili, di tutti i deboli e delle cause perse d’Italia. Il 7 aprile, mandano al Presidente Cossiga migliaia di lettere: ”Tutta l’Italia scriva al Presidente”, ordinano i comitati. Ma i Nigro non sono i genitori di Serena per decisione dello Stato? Raccolte 120mila firme. I Nigro ormai sono diventati dei delinquenti, come se avessero rapito la piccola Serena. Il telefono di casa è tempestato da minacce e insulti. Non doveva saperlo nessuno chi era la nuova famiglia adottiva? ”Una volta non c’ho più visto”, racconta Corrado. ”Era una signora di qualche comitato, chiamava da Isernia. Ho inveito, le ho chiesto chi le aveva dato il mio numero. I Giubergia, mi ha risposto, lo sanno tutti. Allora l’ho invitata a casa mia, a vedere com’era la situazione. Almeno lei ha cambiato idea e si è vergognata”. Un anno e mezzo dopo, Kristina scrive una lettera disperata a un convegno sui minori a Treviso. Spiega come hanno vissuto tutto quel tempo da perseguitati con una bimba da educare. Lei dice: ”Noi speriamo che quello che è successo a noi non accada più. Soprattutto perché sia chiaro che nessun bambino chiede di diventare personaggio e nessun bambino deve pagare gli errori degli adulti. I bambini sono soggetti di diritto: non vanno usati per fare cassetta o per propaganda”. Racconta: ”Abbiamo ricevuto minacce telefoniche, lettere anonime. Io e mio marito siamo stati pedinati per giorni: qualcuno voleva sapere dove vivessimo, che vita facesse Serena. Accompagnavo le bambine all’asilo e c’era una Golf nera che mi seguiva come un’ombra. Poi abbiamo saputo che si trattava di investigatori privati pagati da sedicenti comitati pro Serena. Ci sono voluti i carabinieri per proteggerci. Poco tempo fa è arrivata a casa una cartolina. Era indirizzata a Serena Cruz Giubergia, nel giorno del suo compleanno. Diceva: ”tanti auguri, presto verremo a prenderti”. Dopo un anno che lei viveva con noi, una trasmissione televisiva della Rai ha trasmesso un’intervista a un rappresentante del comitato pro Serena di Milano. Lanciava un appello per ”andare a liberare Serena”, come se fosse una bimba rinchiusa in un carcere. [...] un settimanale è venuto a scovarci al mare, rubando delle foto sulla nostra intimità familiare, sbattendo Serena come un mostro in prima pagina». Anche in Parlamento presentano una interrogazione per chiedere che ”fosse reso pubblico” dove fosse finita Serena. In realtà, non ce n’è bisogno. Titoli in sequenza. ”Parla il papà di Serena”. Ma non è Nigro, è Giubergia. ”Oggi”, gennaio 91: ”Serena Cruz fa la Madonnina”. ”Visto”, dicembre 89: ”Gli altri genitori la nascondono», con la foto di papà e mamma Nigro che cercano di proteggere la piccola. Nel ’91 nasce addirittura un periodico, L’Ala, con il titolo: ”Non dimentichiamo Serena”. ”Epoca”, nel ’92: ”Vi ricordate Serena Cruz?” Immagini di lei che gioca in piscina con le sorelline. Natalia Ginzburg fa un libro e Rosanna Giubergia va in tv, da Fabrizio Frizzi, alla sera, su Raiuno, per lanciare l’ennesimo appello: ”Voglio parlarti, voglio dirti che la nostra battaglia continua, che io, tuo padre e tuo fratello faremo di tutto per riaverti con noi”. Dice Corrado: ”E questo sarebbe amore? Trattare una creatura come un pacco postale finito all’indirizzo sbagliato. Che cosa ci fosse nel cuore di quella bimba non contava nulla”. Il fatto più grave, poi, è che tutte queste cose andavano contro le leggi. Quelle sull’adozione, del 1983, che tutelano i diritti dei minori. Articolo 73: ”Chiunque fornisce qualsiasi notizia atta a rintracciare un minore nei cui confronti sia stata pronunciata adozione e rivela in qualsiasi modo notizie è punito con la reclusione fino a sei mesi”. La Carta di Treviso: ”Nessun bambino dovrà essere sottoposto a interferenze arbitrarie o illegali nella sua privacy, né a illeciti attentati al suo onore e alla sua reputazione». Invece niente è stato fatto, e la persecuzione è continuata. A scuola della Serena, racconta Corrado, qualcuno le ha fatto arrivare il libro di Natalia Ginzburg. A ogni suo compleanno c’era chi le mandava gli auguri e i regali. ”E a ogni litigio, lei mi rinfacciava gli altri genitori: loro sì che mi vogliono bene”. Così non si poteva più andare avanti e un bel giorno ha preso e l’ha messa sul treno per mandarla dai Giubergia: ”Vuoi andare da loro? Vacci”. Poi è andata che a 18 anni Serena ha scelto di restare con i Giubergia, e che Corrado si è consumato, passando da un guaio a un altro, da un ospedale all’altro. Nel mezzo è successo che un’altra sentenza gli ha dato ragione. Il Tribunale per i minorenni di Torino [...] ha bocciato la richiesta dei Giubergia di togliergli la potestà genitoriale e ha stabilito per di più che ”il signor Giubergia Francesco, in data 11.9.2003 si è impropriamente qualificato come tutore della minore non avendone alcun titolo, e che tanto potrebbe costituire reato, procedibile d’ufficio, con la conseguente doverosità della trasmissione degli atti al competente pubblico ministero”. La storia adesso ricomincia da capo. anche un processo alla nostra coscienza, pubblica e privata, alle nostre colpe e alla nostra abitudine di vedere lo Stato come un nemico e le sue decisioni sempre come dei soprusi. Chi fa il suo dovere diventa solo un servitore di questo Stato e la sua vita e i suoi diritti non contano più, come se non fosse uno di noi, che pena e sale le scale come noi, cercando di fare ogni tanto la cosa più difficile di tutte, anche sbagliando, anche perdendo. La cosa giusta» (Pierangelo Sapegno, ”La Stampa” 10/2/2005).