Varie, 18 maggio 2004
Tags : Rubén Gallego
Gallego Ruben
• Mosca (Russia) 20 settembre 1968. Scrittore. «Soffre di una paralisi cerebrale che lo costringe a muoversi in carrozzella. La sua è una storia di orrore quotidiano nell’ex Unione Sovietica: a poco più di un anno viene separato dalla madre Aurora, figlia del segretario del partito comunista spagnolo in esilio, e inizia un lungo viaggio nelle strutture in cui le autorità sovietiche nascondono quelli come lui. Frammenti e immagini di quell’esperienza sono ricaduti nelle microstorie di Bianco su nero (Adelphi), libro che [...] ha vinto il Booker Prize russo trasformandolo nel “caso Gallego”. Pagine spietate che non varcano mai il confine del patetico, uno stile che lascia il lettore con il fiato corto quando attraversa con lui quell’inferno bianco (“bianco è il colore dell’impotenza e della dannazione, il colore del soffitto d’ospedale e delle sue lenzuola”), quel gulag fatto di inservienti minacciose, ravioli contati, umiliazioni, dove il sogno è diventare un giorno un “deambulante”. [...] “Ci spiegavano a scuola che non eravamo esseri umani, che lo dovevamo diventare. Per diventare un essere umano bisognava imparare a camminare. In più mi dicevano che non avrei vissuto a lungo, per cui non pensavo molto al futuro [...] Le frontiere si sono aperte con Gorbaciov. L’unico ostacolo era la mancanza di soldi. A un certo punto un regista spagnolo ha deciso di fare un documentario su un bambino che cercava sua madre. Durante le riprese mia madre e io ci siamo incontrati a Praga [...] Mio nonno è morto molto prima che io arrivassi in Spagna. I miei sentimenti verso di lui? Più o meno gli stessi che ho per Breznev. Lui era un pezzo grosso nella politica, io un orfano chiuso in un istituto. A ciascuno il suo [...] Sia io che mia madre siamo stati educati in orfanotrofi. Due persone con la stessa storia trovano subito un linguaggio comune. Un contatto immediato. E trovare qualcuno che ti capisce al volo, senza fraintendimenti, è una gioia immensa. Al contempo c’è anche tanta tristezza. Solo dopo avere incontrato mia madre ho capito che cosa sarei potuto diventare: magari un astrofisico o un biologo. Gli anni senza di lei non si possono recuperare. Anche se ora stiamo costruendo qualcosa di nuovo [...] Io ho sempre voluto morire. Vedo la morte e ne parlo da quando ho sei anni. Un bambino non si inventa da solo un desiderio di morte. In verità, gli adulti, ai quali toccava educarmi, dicevano che sarebbe stato meglio per loro e per me che morissi il più presto possibile. Io non volevo morire a causa dei libri, ma a causa della realtà in cui vivevo. I libri che ti fanno venir voglia di morire sono gli stessi che ti fanno venir voglia di vivere. Ad esempio, leggendo I tre moschettieri , non volevo più la mia vita: volevo la loro [...] I libri vanno e vengono, con l’età gli interessi cambiano. Un autore è tuttavia rimasto come costante col passare degli anni: Jack London. Nei suoi libri c’è l’energia della vita. Rileggo spesso il grande scrittore filosofo contemporaneo Stanislaw Lem. Mi piacciono tanti scrittori ma non considero nessuno come mio maestro. Nessuno, mai, insegna a scrivere [...] In Russia è arrivato un gruppo di handicappati americani. Uno di loro mi ha invitato in America. Ci sono rimasto un mese. Ero sotto choc. Mi hanno impressionato i grattacieli e le limousine. Mi hanno dato una sedia a rotelle elettrica e per la prima volta in vita mia ho potuto girare per le strade da solo. Una sedia a rotelle col motore: fino a oggi è la cosa più felice della mia vita. Poter avvicinarsi al tavolo da solo, prendere un bicchiere d’acqua o avere accesso al computer: un vero lusso. In America la gente è molto gentile: quando perdevo momentaneamente il controllo della sedia mi si avvicinavano, mi chiedevano se avevo bisogno di aiuto. Prima di questo mi immaginavo gli americani in modo diverso. Da un lato li idealizzavo; dall’altro li consideravo stupidi e pretenziosi. La mia testa era piena di propaganda [...] La prima cosa che ho mangiato in America è stato il Big Mac. Mi è sembrato il panino più buono al mondo. Ora penso che tutto quell’entusiasmo dipendesse dal mio passato, più che dalle qualità del Big Mac. Ma andare da McDonald’s mi piace sempre. Mi piace che sia così accessibile: la Coca-Cola con la cannuccia, l’entrata senza il gradino... [...] In genere mi piacciono le situazioni in cui si deve lottare. Ciò che più di tutto mi piace in Spagna è la gente per le strade. Non una volta che io mi sia sentito rifiutato [...] I miei rapporti con la Russia sono meravigliosi. I russi mi hanno dato il loro premio letterario più importante. Ma non potrei tornarci: purtroppo sono molto malato e non riuscirei a vivere lì. Andarci per morire non ha senso. Vivo in Spagna perché mia madre vive in Spagna. In Russia non avevo una madre. Molto delle cose che mancano a una persona quando parte dal proprio Paese io non le avevo. Non si può aver nostalgia di ciò che non si ha avuto”» (Cristina Taglietti, “Corriere della Sera” 18/5/2004).