Margherita Fronte, Macchina del Tempo, maggio 2004 (n.5), 15 maggio 2004
Il periodo successivo al parto è quello in cui il rischio di cadere in depressione è più alto. Dopo la nascita di un bambino, almeno una donna su 10 cade in depressione, «una condizione che non va confusa con la labilità emotiva che spesso si manifesta nella settimana successiva al parto» spiega Enrico Smeraldi, docente di psichiatria all’Università Vita e Salute dell’Ospedale San Raffaele di Milano
Il periodo successivo al parto è quello in cui il rischio di cadere in depressione è più alto. Dopo la nascita di un bambino, almeno una donna su 10 cade in depressione, «una condizione che non va confusa con la labilità emotiva che spesso si manifesta nella settimana successiva al parto» spiega Enrico Smeraldi, docente di psichiatria all’Università Vita e Salute dell’Ospedale San Raffaele di Milano. La depressione post partum è una condizione più grave «che arriva 30 o 40 giorni dopo la nascita del figlio, e che porta la mamma a sentirsi inadeguata. La donna perde interesse per il bambino e per tutto ciò che la circonda» e nei casi più gravi scivola verso pensieri di morte. La depressione post partum deve essere trattata subito, in genere con psicofarmaci (sospendendo quindi l’allattamento). Se dopo il parto aumenta la probabilità di cadere in depressione, è vero che il male oscuro può colpire in qualsiasi momento e le vittime sono soprattutto femminili. «Durante l’età fertile, le donne che ne soffrono sono il doppio degli uomini» spiega ancora Enrico Smeraldi. La maggiore vulnerabilità è dovuta a fattori psicosociali (la donna risente ancora di condizioni socioeconomiche sfavorevoli), ma anche «alla modalità di pensiero tipica del sesso femminile, più riflessivo» prosegue lo psichiatra. Sotto il profilo fisiologico, gli ormoni sessuali giocano poi il loro ruolo: in particolare gli estrogeni, che sono in grado di modificare i livelli di serotonina (un neurotrasmettitore la cui carenza è stata collegata alla depressione). Non a caso, «la malattia può manifestarsi in concomitanza con importanti variazioni ormonali, come dopo il parto, oppure in menopausa, o quando si assumono contraccettivi orali» puntualizza il medico. Ma se le cause che predispongono alla depressione sono ormai abbastanza conosciute, il male oscuro rimane ancora troppo spesso nascosto. Anche perché si tende a confonderla con periodi passeggeri di umore nero, o con lo stress della vita quotidiana. Con il rischio che la diagnosi arrivi in ritardo e la guarigione sia quindi più difficile. Eppure, i campanelli di allarme ci sono e possono essere colti sia da chi si è ammalato sia da chi gli sta intorno: disturbi del sonno, disordini alimentari, perdita di interesse per le attività quotidiane, stanchezza e tendenza a isolarsi. Tutti segnali che dovrebbero spingere a consultare un medico, soprattutto quando si protraggono nel tempo. Una volta che la depressione è stata diagnosticata, di solito la terapia è farmacologica, associata alla psicoterapia. Può essere utile svolgere regolare attività fisica: il movimento riduce il cortisolo nel sangue (un ormone coinvolto nella depressione) e fa aumentare la serotonina.