la Repubblica, domenica 8 febbraio, 9 maggio 2004
Però gli slogan commerciali di ieri, poi sfruttati dalla contestazione di successo, sempre con la stessa formula grafica vengono adesso riutilizzati nella pubblicità consumistica per le liquidazioni ai grandi magazzini
Però gli slogan commerciali di ieri, poi sfruttati dalla contestazione di successo, sempre con la stessa formula grafica vengono adesso riutilizzati nella pubblicità consumistica per le liquidazioni ai grandi magazzini. Le frasi facili e portentose, fra i motti biblici e i Baci Perugina e i «Compro dunque sono», non più solo in neon verdini e violetti negli auditori ed aeroporti, ma scandite in primo piano da megere impietose e scomode su dvd nei musei, e ribadite sugli striscioni dei «Sales» in Oxford Street. Così, vedendo le file di accappatoi in fila con le maniche in tasca, i clienti possono osservare: ma queste sono opere d’arte, installazioni, allestimenti, premi a Venezia, alti prezzi a Basilea. «E qui ci vorrebbe un po’ di cacca, qui un tocco di ”social commentary”, qui un impegno all’ultimo eccidio corretto, qui uno spruzzo di Kennedy e due schizzi su Bush». Ormai anche al Duomo di Siena, uscendo dalla mostra di Duccio, sulla parete stupenda dei caschi multicolori dei motociclisti ex-voto: ma questo è il più bello di tutti gli allestimenti mai visti! Altro che gli affreschi! Come si farebbe, poi, a evitare i soliti conflitti d’interesse, se si viene nominati in una ristretta giuria di esperti multiculturali che dovrebbe esaminare in tre giorni tremila opere per assegnare una Leonessa d’Oro o una Lupa di Platinetto, un Oscar Luigi Excelsior o un Orsacchiotto Sessantotto, gli Agnelli di Cristallo, la Papaya Papaboys, il Palmarés Prolongé Pro-à-Porter, con immediate ripercussioni sui valori e sui prezzi? Alberto Arbasino