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 2004  maggio 09 Domenica calendario

Abbandonata la clinica, Cocteau ricominciò a muoversi circondato da una schiera di adulatori, che se ne contendevano i favori

Abbandonata la clinica, Cocteau ricominciò a muoversi circondato da una schiera di adulatori, che se ne contendevano i favori. «Le persone che mi avvicinano e scoprono i miei piccoli segreti», confesserà con un poco di amarezza, «mi compiangono, si indignano: non conoscono i vantaggi di una leggenda assurda. Anche quando mi si brucia, si brucia un manichino che non mi rassomiglia affatto. Una cattiva reputazione dovrebbe essere mantenuta con più amore e più lustro di una ballerina». Tra questi ammiratori appassionati, «che spesso si arrampicavano sui lampioni per riuscire a scorgerlo in lontananza», vi era un giovane che all’anagrafe risultava col nome Jean-Maurice Ettingausen, ma che tutti conoscevano col cognome della madre, Sachs. Maurice Sachs era nato nel 1906 da una famiglia di origini ebraiche. Quasi non conobbe suo padre, e ancora bambino era stato affidato a un collegio. Sognava di fare l’editore. Nel frattempo, si arrangiava come garzone, e, dopo molte insistenze, riuscì a trovare un impiego presso la Librairie des Quatre Chemins, in rue Godot des Quatre Chemins. Nel 1928, sarà proprio Sachs, in una piccola collana da lui diretta presso la libreria di Vadimir Walter, a pubblicare Il libro bianco, paravento dietro al cui anonimato (non lo firmerà mai, al contrario di quanto fece André Gide, con la ristampa, nel 1924, di Corydon) Cocteau si sentì libero di gridare che «l’amore va reinventato», la vita rivissuta, la sofferenza allontanata. Niente nomi, solo un titolo, una storia, una confessione, scritta nel 1927, degna di finire sotto i ferri della peggiore censura. Il libro bianco è una raccolta di esperienze pericolose, quelle esperienze, vi si legge, che «il mondo accetta nel campo dell’arte, perché non le ritiene pericolose, ma condanna nella vita», confessione estorta a se stesso, perché qualcuno, come in uno specchio, vi si riconosca.