Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2004  maggio 09 Domenica calendario

«Vander Clyde Esq. alias Barbette, è un giovane americano di ventiquattro anni, dall’aspetto un po’ ingobbito come gli uccelli, l’andatura leggermente impedita (senza dubbio per via dell’estrema piccolezza di mani e piedi)

«Vander Clyde Esq. alias Barbette, è un giovane americano di ventiquattro anni, dall’aspetto un po’ ingobbito come gli uccelli, l’andatura leggermente impedita (senza dubbio per via dell’estrema piccolezza di mani e piedi). La cicatrice che solleva il labbro superiore sopra una dentatura irregolare gli viene da una caduta dal trapezio. Soltanto la stupefacente arcata sopraccigliare che sovrasta occhi inumani fa cadere l’attenzione sulla sua persona, anonima quanto poteva esserlo, per strada, Nijinsky.... Persino alla fine del trucco, prezioso come una scatola di matite nuova fiammante, con le mascelle ricoperte da una pellicola di smalto luccicante, il corpo imbianchito e irreale, questo bizzarro giovane demone, questo Saint-Just in sogno, questo cocchiere della morte resterà un uomo, legato per un capello al suo doppio. Soltanto quando si calcherà in testa la parrucca bionda, fermata da un semplice elastico intorno alle orecchie, assumerà - una manciata di forcine strette fra le labbra - le minute pose di una donna che si pettina. Si alza, cammina, si infila gli anelli. La metamorfosi è compiuta. [...] La ragione del successo di Barbette viene da quel suo rivolgersi agli istinti di numerosi pubblici come se fossero un uomo solo e dal riunire oscuramente esigenze contrastanti. Perché piace a quelli che vedono in lui la donna, a quelli che indovinano in lui l’uomo e a quelli che hanno l’animo toccato dal sesso soprannaturale della bellezza. Dopo anni di vago americanismo, quando la capitale degli Stati Uniti ci lasciava ipnotizzati, mani in alto come davanti a un revolver, il numero di Barbette mi mostra finalmente la vera New York, con le piume di struzzo del suo mare e delle sue fabbriche, i suoi edifici di tulle, la sua precisione, la voce da sirena, e tutti i suoi addobbi, le sue piume d’elettricità».