Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2004  maggio 09 Domenica calendario

il manifesto, giovedì 15 gennaio Jean Cocteau cominciò a ordinare i frammenti che compongono Oppio nel letto di una clinica, a Saint-Cloud

il manifesto, giovedì 15 gennaio Jean Cocteau cominciò a ordinare i frammenti che compongono Oppio nel letto di una clinica, a Saint-Cloud. Era il dicembre del 1928: aveva circa quarant’anni e da cinque cercava di disfarsi dell’ingombrante ricordo di Raymond Radiguet, il primo tra i suoi «figli adottivi», il solo, forse, che avesse amato veramente e che, come Jean Marais, sembrava in grado di splendere di luce propria. Si erano conosciuti «ad una mostra, con Max Jacob», il tifo e l’abuso di alcolici lo avevano soffocato, ventenne, la notte di Natale del 1923. «Dopo la morte di Radiguet», scriverà in una lettera indirizzata a Jean Paulhan, «sono morto anch’io. Tutto mi sembra uguale, e se mi capita di pubblicare ancora qualche riga, è solo a causa degli amici che mi circondano, e mi organizzano una vita artificiale». A Saint-Cloud, in compagnia di Raymond Roussel, anche egli ospite ingrato, pronto a rimangiarsi l’ennesimo proposito di farla davvero finita con la mescalina e i barbiturici, Cocteau soffiò sulla fiamma del proprio malessere, nella speranza di farne scaturire quella specie di «disordine creativo» grazie al quale più di una volta, in precedenza, era riuscito a liberare la propria indole di geniale pasticheur dalle gabbie di una logorante e «maniacale diligenza nello scrivere».