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 2004  maggio 09 Domenica calendario

Corriere della Sera, sabato 14 febbraio S e chiedessimo al nostro Claudio Magris, massima autorità in materia, dov’è il centro dell’Europa, ce ne godremmo una risposta bellissima e complessa, tormentata e molteplice, il concetto di mezzo essendo anche luogo dello spirito, condizione esistenziale, suggestivo punto d’incontro di culture e tradizioni

Corriere della Sera, sabato 14 febbraio S e chiedessimo al nostro Claudio Magris, massima autorità in materia, dov’è il centro dell’Europa, ce ne godremmo una risposta bellissima e complessa, tormentata e molteplice, il concetto di mezzo essendo anche luogo dello spirito, condizione esistenziale, suggestivo punto d’incontro di culture e tradizioni. Ma, come vedremo, non meno complicato e difficile sarebbe cercare di rispondere a un quesito in apparenza più semplice: dov’è il centro geografico dell’Europa? è possibile identificare con precisione quel punto fisico, compreso da qualche parte tra il Portogallo, la Russia, Capo Nord e la Grecia, rispetto al quale, giusta la voce del Devoto-Oli, «tutti gli altri punti di una figura geometrica risultano simmetrici»? Ci ha provato con esiti sorprendenti, girando il Vecchio Continente in lungo e in largo per tre anni, un giovane regista polacco, Stanislaw Mucha. Il risultato è un documentario di un’ora e mezzo, Die Mitte, il centro, presentato nella sezione Panorama del Festival del Cinema di Berlino e accolto con entusiasmo da pubblico e critici. A domandare in giro, si ricevono le risposte più disparate. «Il centro dell’Europa? è in vacanza», risponde un serioso signore. «Cosa vuole che ne sappia?», dice un altro. «A Essen», dichiara con sicurezza un tedesco alla guida. Eppure, ci credereste? Ci sono in Europa almeno una ottantina di località, quaranta solo in Germania, che ne rivendicano, chiaramente sulla base di calcoli e presupposti quantomeno dubbi, il mitico centro geografico. Così, per raccontare l’esilarante Odissea col linguaggio del cinema, Mucha ha dovuto operare una selezione e limitare a una dozzina le stazioni del suo peregrinare. Mescolando con garbo ironia e toni malinconici, il regista inizia dal luogo più improbabile, Kölbe, cittadina dell’Assia, dove un signore tedesco ha fissato «die Mitte Europas» direttamente nel giardino di casa sua, con tanto di cippo e bandiera. Un centro d’Europa è anche a Tirschenreuth, in Baviera, e un altro a Nordheim, in Bassa Sassonia. Se ne trovano a Suchowola, in Polonia e sul Berg der Kreuz, in Lituania, per il quale un’anziana signora intervistata garantisce che «lo ha trovato personalmente il Papa». Che si tratti di Braunau am Inn in Austria, di Krahule in Slovacchia o del villaggio polacco di Piatek, la convinzione è identica. Sostenuta da certificazioni di sconosciuti istituti scientifici. Difesa con errori d’argomentazione marchiani, affermazioni apodittiche e grottesche auto-proclamazioni da folli e visionari, patrioti locali e utopisti continentali. Un centro ufficialmente riconosciuto in verità c’è: dal 1887 è a Rachiv, nell’ovest dell’Ucraina. Non soddisfatto della stele che lo ricorda, con corredo di bancarelle e possibilità di foto ricordo, Mucha cerca il cuore del centro, trovandolo nel chiosco dei giornali. è lì che incontra l’ultimo degli ebrei chassidici, intento ad acquistare il quotidiano ”Centro dell’Europa”: «Ha una buona pagina dei programmi televisivi», gli spiega quello, deludendo la sua domanda densa di attese. Diverse centinaia di chilometri più a nord, non lontano da Vilnius, in Lituania, un masso di granito sostiene invece la tesi del centro baltico, che poi sarebbe il secondo. «Il centro d’Europa è venuto da noi nel 1990, ma si è fermato qualche metro più in là», ironizza un contadino del luogo. E indica le nuove linee del telefono, che purtroppo finiscono a cento metri dalla sua dacia, rimasta isolata come ai tempi dell’Unione Sovietica. Così, quello di Mucha è anche un viaggio nel cuore della Nuova Europa, che bussa con una buona dose di scetticismo alle porte della Vecchia, rivoluzionandone il centro, quello ideale prima ancora di quello geografico. E la concreta ricerca di una nozione geografica diventa l’affresco dei nuovi microcosmi, fatti di arretratezza economica e molto disincanto. «Oggi sono dieci anni dell’indipendenza dell’Ucraina - dice lo chassidico del chiosco - e sono tutti contenti, perché questa sera si potranno ubriacare». La scena finale del film mostra due giovani turisti svizzeri, muniti di uno strumento satellitare Gps, Global Position System, che contestano la collocazione del masso nei boschi intorno a Vilnius e invitano il regista a seguirli, per trovare il punto esatto delle coordinate indicate sulla stele. Mucha va dietro a loro, che s’inoltrano e poi si perdono in un bosco, fino a quando lo schermo diventa buio. «Dov’è il centro non c’è nulla», conclude il regista. Alla vigilia del grande appuntamento, l’Europa dei compromessi a somma zero farebbe bene a rammentarselo. A farla andare avanti saranno sempre le sue estremità, la testa e i piedi. Mentre al centro, in politica come nella vita, spesso c’è solo la paralisi. Paolo Valentino