Il Sole-24 Ore, martedì 24 febbraio, 9 maggio 2004
Il Sole-24 Ore, martedì 24 febbraio La febbre delle acquisizioni e delle fusioni ha ripreso ad aumentare dopo quattro anni di stasi
Il Sole-24 Ore, martedì 24 febbraio La febbre delle acquisizioni e delle fusioni ha ripreso ad aumentare dopo quattro anni di stasi. La temperatura è più alta negli Usa, ma è relativamente forte anche in Europa. Recentemente la Commissione europea ha approvato le fusioni di Alcan e Pochiney e di Klm e Air France. La mossa ostile di Oracle su People Soft attende ancora l’autorizzazione. Ma nel frattempo Cingular acquisisce At&T Wireless con una mega-offerta tutta in contanti. Comcast cerca di scalare Disney e Sanofi-Synthelabo vogliono Aventis. E grandi operazioni sono state annunciate ieri anche da France Telecom e da Citigroup. Questi avvenimenti eccitano la fantasia ma sollecitano anche riflessioni. 1. Il fenomeno è ”localizzato”, nel senso che la maggior parte delle operazioni avvengono all’interno dei due continenti Europa e Usa. Il cambio sfavorevole agli americani non aiuta le imprese Usa a fare acquisizioni in Europa, ma il cambio favorevole non è sufficiente a spingere gli europei oltre le mura domestiche. Nonostante la ”globalizzazione” i due continenti sono ancora nettamente diversi in molti settori. Gli Usa, quasi ovunque, mostrano una maggiore concentrazione industriale. Le storiche suddivisioni in stati e staterelli e le politiche dei ”campioni nazionali” spesso perseguite in Europa spiegano la frammentazione. Inoltre la dimensione delle operazioni è assai diversa. Una sola delle maggiori operazioni Usa è un multiplo di tutte le operazioni avvenute in Europa nel 2003: 20 miliardi di euro in tutto contro 60/70 miliardi di dollari di una sola acquisizione americana. Dunque le imprese Usa diventano sempre più grandi di quelle europee, particolarmente nell’evolutivo settore dei media. 2. Da che cosa è motivato questo nuovo ciclo di acquisizioni e fusioni? E quali risultati si propone? Tutte le iniziative che ho citato mirano a ottenere sinergie e riduzioni di costo che, in vari casi, sono state illustrate e propagandate dagli attaccanti per conquistare la fiducia degli azionisti. In nessun caso le acquisizioni sono mirate alla diversificazione, segno che le imprese hanno capito le severe lezioni del passato. Ma i rischi non si eliminano automaticamente scegliendo la strada dell’integrazione e delle economie di scala. Molto spesso le sinergie non si materializzano o perché non ci sono o perché è difficile estrarle. Altre volte le culture non si fondono. Talvolta è sbagliata la strategia di fondo. Ricordo il fallimento della acquisizione Rover fatta da Bmw. In questo caso non si trattò solo di cattiva gestione, ma di una strategia senza senso. Mentre, sempre nel settore auto, Mercedes soffre ancora l’acquisizione di Chrysler, un boccone troppo grande. Dunque, a parte la diversificazione, nelle acquisizioni attuali non vi è nulla di nuovo ed è normale che alcune riescano e altri falliscano. La loro utilità è diversa da settore a settore, da segmento a segmento di mercato, da impresa a impresa. La Renault si sentiva piccola e ha conquistato Nissan ma Bmw non ha bisogno di nessun matrimonio per continuare a crescere. 3. Che cosa significa questa ondata di concentrazioni per l’industria italiana? Non vi è dubbio che per noi le iniziative ricordate hanno dimensioni improponibili. Le imprese italiane di grandissime dimensioni sono pochissime e ancora meno sono quelle che in prospettiva potranno fare acquisizioni di rilievo. Ma la strada delle alleanze è aperta e presenta talvolta vantaggi e minori rischi. Ma se dobbiamo limitarci a essere semplici osservatori delle acquisizioni da 60 o 70 miliardi di dollari, magari fatte in contanti, è bene non dimenticare che centinaia di medie imprese italiane hanno fatto e fanno ottime acquisizioni e alleanze. indispensabile che il numero delle medie imprese competitive aumenti, ma ciò richiede la focalizzazione su un fattore troppo spesso trascurato o banalizzato. Imprese come Bracco, Brembo, Tod’s, Carraro, Ducati, Mapei, Merloni, Scm, Sorin, Tecnogym per citarne solo alcune, sono cresciute sotto la spinta dell’innovazione. Se c’è innovazione vi è anche la credibilità per fare buone acquisizioni e alleanze. Stupisce cha a questo tema si dedichino solo fiumi di parole senza andare mai a fondo. Come aumentare la capacità di innovazione delle imprese è la base per approntare qualunque politica orientata alla competitività. Carlo Mario Guerci