Nicola Nosengo, La Macchina del Tempo, maggio 2004 (n.5), 8 maggio 2004
Oscar Wilde la definiva il piacere perfetto: perché dura poco, e lascia insoddisfatti. Lo scrittore irlandese in realtà non sapeva ancora quanto dannosa per la salute possa essere la sigaretta, ma di sicuro aveva capito quanto possa essere difficile liberarsene
Oscar Wilde la definiva il piacere perfetto: perché dura poco, e lascia insoddisfatti. Lo scrittore irlandese in realtà non sapeva ancora quanto dannosa per la salute possa essere la sigaretta, ma di sicuro aveva capito quanto possa essere difficile liberarsene. Oggi la scienza ha dimostrato senza ombra di dubbio che il fumo di tabacco è un vero e proprio attentato alla salute umana. la principale causa di tumori al polmone, che uccidono tre milioni e mezzo di persone all’anno; porta alla bronchite cronica, che colpisce il cinque percento della popolazione e può degenerare in gravissime malattie respiratorie come l’enfisema; danneggia il sistema cardiocircolatorio e aumenta il rischio di infarto; può causare svariati tumori; aborti e malformazioni al feto per le donne in gravidanza, nonché impotenza e infertilità per gli uomini. E la lista è solo parziale. In totale, si calcola che 90mila italiani ogni anno perdano la vita per i danni causati dal fumo. Ma per la maggioranza del popolo dei fumatori (12 milioni in Italia) questo non basta: appena spenta una sigaretta, bruciano già, è proprio il caso di dirlo, dal desiderio di accenderne un’altra. Questa dipendenza è causata dalla nicotina, una sostanza contenuta nel fumo che, quando raggiunge il cervello, provoca il rilascio di neurotrasmettitori che danno le sensazioni di rilassatezza, piacere, migliore concentrazione ben note a tutti i fumatori. Per risolvere il problema alla radice, l’industria farmaceutica sta lavorando a un’idea completamente nuova: un vero e proprio vaccino, che elimini il piacere della sigaretta e metta al riparo dalla dipendenza (nel grafico a destra ne è illustrato il principio). Con minime varianti, l’idea a cui lavorano la compagnia britannica Xenova, la statunitense Nabi e la svizzera Cytos è la stessa: indurre il nostro organismo a produrre anticorpi contro la nicotina, la sostanza contenuta nel fumo di sigaretta responsabile della dipendenza. Il nostro sistema immunitario è programmato per reagire all’ingresso nell’organismo di qualunque sostanza estranea, producendo anticorpi specifici, ovvero molecole in grado di legarsi a quella sostanza in modo da ”marchiarla” e favorirne l’eliminazione. Dopo il primo contatto con ogni sostanza, gli anticorpi rimangono in circolo, seppure in minima quantità, pronti a tornare in azione quando quel contaminante si ripresenta. Quando ci vacciniamo, per esempio contro una malattia come la poliomielite, iniettiamo nel nostro corpo una piccola quantità del virus, in una forma che non può fare danni, e causiamo così la reazione immunitaria. Questo meccanismo in teoria riguarda tutte le sostanze estranee. Ma la nicotina è fatta di molecole troppo piccole per essere individuate dal sistema immunitario. Il fatto che sia così piccola le permette anche di superare la barriera emato-encefalica, quel ”filtro” che protegge le cellule nervose impedendo il passaggio delle sostanze tossiche che potrebbero essere contenute nel sangue. L’idea dei vaccini attualmente allo studio è rendere la nicotina visibile al sistema immunitario, e contemporaneamente impedirne l’arrivo al cervello. Nell’organismo vengono iniettate molecole di nicotina legate a una molecola più grande: una proteina immunogenica, cioè progettata ad hoc per indurre la produzione di anticorpi. Alla prima sigaretta fumata gli anticorpi saranno in grado di riconoscere le molecole di nicotina, questa volta anche slegate dalla proteina che l’accompagnava, e andranno a legarsi ad esse. Dopo aver sperimentato i loro vaccini sui topi da laboratorio, sia la Xenova che la Nabi stanno conducendo ora i primi test su esseri umani dei loro vaccini, rispettivamente chiamati ta-nic e NicVax. Attualmente sono arrivate alla fine della fase I, quella in cui si verifica solo che il farmaco non sia pericoloso e non abbia immediati e gravi effetti collaterali. Cosa non scontata, perché una reazione immunitaria è sempre una faccenda rischiosa. «I primi risultati, illustrati in un congresso a Padova in novembre, sono stati rassicuranti», spiega Giovanni Viegi, pneumologo dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr di Pisa, «a parte episodi occasionali di mal di testa o malessere generale, non sono stati riscontrati effetti collaterali importanti. Ma per giudicare l’efficacia è ancora decisamente troppo presto». Molti sono i punti che lasciano perplessi i ricercatori. Prima di tutto, c’è il problema che la nicotina non viene bloccata completamente: una parte (nei topi di laboratorio era circa il 30 per cento) arriva comunque al cervello. La conseguenza della vaccinazione potrebbe quindi essere che chi è davvero schiavo del piacere della sigaretta fumi ancora di più, nel tentativo di raggiungere comunque la ”quota” di nicotina cui il suo cervello è abituato. Anche se il vaccino riuscirà a bloccare totalmente l’arrivo della nicotina al cervello, bisognerà verificare per quanto tempo durerà la ”copertura” del vaccino. «Sappiamo che la dipendenza da nicotina è una delle più difficili da sconfiggere perché le cellule nervose si ricordano della quantità di nicotina cui erano abituate» spiega ancora Viegi. Ed è probabile che anche il vaccino non metterebbe al riparo da questo rischio. «La dipendenza dal fumo è un fenomeno complesso, che comprende molti altri elementi oltre alla nicotina», avverte Domenico Enea, responsabile del Centro senza fumo del policlinico Umberto I di Roma. Un’opinione condivisa da Silvio Garattini, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano: «Solo il 15 per cento circa dei fumatori ha una vera dipendenza fisica. Il 40 percento fuma anche molte sigarette al giorno senza sentire questo tipo di impulso. «In questo caso», continua Garattini, «la dipendenza dal fumo è in realtà di tipo psicologico». Deriva dall’abitudine, dal semplice piacere del gesto, dallo stile di vita; per i ragazzi è un rito di iniziazione, è legata all’emulazione degli amici più grandi. Per la maggioranza delle persone smettere richiede soprattutto uno sforzo di volontà e un cambiamento di stile di vita. «L’abbinamento di una terapia psicologica e di una farmacologica è la soluzione più efficace», spiega Garattini. Chi vuole smettere di fumare e non ce la fa da solo ha a disposizione diverse opzioni. Sul fronte psicologico ci sono i gruppi di sostegno e i corsi, organizzati dai centri specializzati presenti nei maggiori ospedali italiani o dalla Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori. «Almeno per ora, la vera soluzione rimane una sola: non iniziare», osserva Enea. Nicola Nosengo