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 2004  maggio 08 Sabato calendario

Un giorno, forse, si parlerà di Limone sul Garda come del luogo da cui partì la vittoria su uno dei nostri peggiori nemici: il colesterolo

Un giorno, forse, si parlerà di Limone sul Garda come del luogo da cui partì la vittoria su uno dei nostri peggiori nemici: il colesterolo. Sono passati quasi trent’anni da quando un ricercatore milanese, Cesare Sirtori, individuò in alcuni abitanti di questo paesino in provincia di Brescia, affacciato sul più grande lago italiano, una interessante anomalia genetica che li rendeva del tutto immuni alle più diffuse malattie circolatorie. Pochi mesi fa, un farmaco basato su quella ricerca è stato testato per la prima volta con successo su esseri umani e la più grande casa farmaceutica del mondo potrebbe iniziare presto a trarne profitti davvero sbalorditivi. La storia inizia giusto trenta anni fa, nel 1974. In quell’anno Sirtori, oggi professore ordinario di farmacologia all’Università di Milano, visitò un uomo con caratteristiche fisiologiche decisamente insolite. «Aveva i trigliceridi altissimi, a quota 700 (milligrammi per decilitro di sangue, ndr), quando il valore normale non deve superare i 110 e non rispondeva ai trattamenti per abbassarli. Inoltre aveva un livello molto basso, 7 anziché 50, di colesterolo buono». Sirtori fa riferimento all’Hdl colesterolo (High-density lipoprotein), quello che rimuove dalle arterie il Ldl colesterolo (Low density lipoprotein): è quest’ultimo, infatti, a essere responsabile della formazione di placche sulle pareti delle arterie. Placche che creano il rischio di infarto. «Il quadro clinico di quel paziente era insomma il peggiore immaginabile. Solo che stava fondamentalmente bene, e come se non bastasse nella sua famiglia erano tutti molto longevi». Una situazione inspiegabile. Ci vollero altri quattro anni a Sirtori e colleghi per scoprire che nel sangue di quel paziente era presente una anomalia molecolare: una proteina tra quelle che compongono il Hdl aveva infatti una forma diversa da quella che abbiamo tutti. Merito di una particolare mutazione di un gene, collocato sul cromosoma 11. La mutazione faceva sì che l’Hdl di quel paziente fosse molto più efficiente nell’eliminare il colesterolo dannoso dalle arterie, ma anche che scomparisse più in fretta. Ecco spiegato (anche se il meccanismo non è ancora del tutto chiaro) perché le analisi poi rivelavano livelli così bassi di colesterolo buono. Il gene e la proteina furono battezzati da Sirtori ApoA-1 Milano. A quel punto, capito che la spiegazione del mistero era genetica, Sirtori ricostruì le origini del paziente, scoprendo che la sua famiglia veniva appunto da Limone sul Garda. «La mia fortuna fu trovare un paese con un’amministrazione comunale e delle persone disponibili, che accettarono di aiutarmi con entusiasmo» ricorda il farmacologo milanese. Sugli 800 abitanti del paese, Sirtori trovò 40 persone con la stessa proteina mutata e con la stessa invulnerabilità al colesterolo. Tutti, come rivelarono le ricerche anagrafiche, discendenti di un certo Giovanni Pomaroli, nato a Limone nel 1654. Come è potuto accadere? Grazie all’isolamento geografico in cui si trovava Limone prima della costruzione della Gardesana, la strada panoramica che collega il paese alle altre località che costeggiano il lago: la proteina si è potuta trasmettere di generazione in generazione agli abitanti, a partire dalla prima coppia di portatori. Cosa abbia generato la proteina rimane un mistero, ma si ritengono determinanti una serie di cause, quali un’alimentazione povera ma sana a base di prodotti locali (pesce, olio, agrumi) e forse anche il particolare microclima, mite grazie al lago e alle montagne. Iniziava quindi la vera sfida: sviluppare un farmaco che ”mimasse” gli effetti della mutazione genetica e aiutasse a combattere il colesterolo. Nel corso degli anni 90 iniziarono gli esperimenti sugli animali, condotti da Prediman K. Shah al Cedars Sinai Medical Center di Los Angeles. Shah e i suoi mostrarono che somministrando una versione sintetica della proteina (un composto chiamato Etc-216) si poteva bloccare la formazione di placche nelle arterie di topi e conigli. Non solo, a dosi più alte della proteina le placche già formate regredivano addirittura nel giro di poche settimane. Gli esseri umani sono un’altra cosa, e pochi ricercatori speravano che gli stessi risultati si potessero riscontrare anche sull’uomo. Ma Steven E. Nissen e i suoi collaboratori della Cleveland Clinic Foundation, in uno studio pubblicato sul ”Journal of the American Medical Association” in novembre, hanno testato la proteina su circa 50 pazienti, a cui sono state praticate 5 iniezioni alla settimana per 5 settimane. Il risultato è stata una riduzione delle placche sulle arterie del 4 per cento. Un risultato davvero straordinario, se si pensa che le statine, ovvero i farmaci contro il colesterolo oggi più usati, possono al massimo stabilizzare la situazione ma mai farla migliorare. Una riduzione del 4 per cento può essere sufficiente per posticipare, o addirittura per evitare, un intervento di by-pass. La strada verso la commercializzazione di un farmaco è però ancora decisamente lunga. «Il prossimo passo sarà una sperimentazione di grandi proporzioni, su almeno 1.500 pazienti» spiega Sirtori. Ma è già chiaro che il potenziale economico di questo farmaco è sicuramente enorme. Peccato che di questa scoperta nata e coltivata in Italia i proventi andranno tutti all’estero. Dopo la scoperta della proteina, infatti, Sirtori e i suoi colleghi cedettero la licenza su un eventuale farmaco alla casa farmaceutica Pharmacia. Questa, nel 1997, perse interesse al progetto. Sirtori allora, forte anche dei primi dati sperimentali, andò inutilmente in cerca di finanziatori italiani interessati a costruire una compagnia che sviluppasse la scoperta. «Ma quando si tratta di investire in ricerca, in Italia, non si va oltre la richiesta di sgravi fiscali» commenta amaro. Finalmente arrivò l’interesse della compagnia di biotecnologia americana Esperion, che ha sviluppato la proteina sintetica usata nelle sperimentazioni. Dopo la pubblicazione dello studio di Nissen, la Pfizer, la più grande casa farmaceutica del mondo (la stessa che produce il Viagra), ha deciso di accelerare una trattativa già in corso, e di acquistare in gennaio per 1.300 milioni di dollari la Esperion e con essa la molecola. E così rimangono con un palmo di naso tanto la ricerca italiana quanto gli abitanti e il comune di Limone, che ha contribuito in modo determinante alla scoperta. «In realtà so per certo che alcuni limonesi hanno investito sulle azioni Esperion e ci hanno guadagnato», dice Sirtori. Quanto, non si sa. Nel frattempo, mentre attende le prossime mosse della Pfizer, il farmacologo milanese continua a tenere aggiornato l’albero genealogico dei portatori. In gennaio è tornato a Limone sul Garda per la prima volta dopo anni, per ritrovare il gene ”fortunato” in altri quattro bambini nati dopo le sue ricerche degli anni 80. «Curiosamente» spiega, «sino a ora i portatori sono tutti eterozigoti, hanno cioè la mutazione solo su una delle due copie del gene presenti nel loro Dna, perché non è mai successo che due portatori abbiano fatto un figlio insieme». Un vero peccato, perché un dubbio importante che resta a Sirtori è proprio quali caratteristiche potrebbe avere un portatore omozigote, con entrambi i cromosomi provvisti del gene mutato. Ma forse basta attendere, perché in nome della scienza anche la nascita di un bebè può essere incentivata in qualche modo. Come? Con un premio: «Ho offerto un’automobile» conclude Sirtori «in premio alla coppia che mi aiutasse a scoprirlo». Futuri mamme e papà di bambini invulnerabili, fatevi avanti. Nicola Nosengo