Mario Lenzi, La Macchina del Tempo, maggio 2004 (n.5), 8 maggio 2004
Storia e cultura sono l’ascissa e l’ordinata su cui si fonda l’idea di famiglia nelle civiltà umane
Storia e cultura sono l’ascissa e l’ordinata su cui si fonda l’idea di famiglia nelle civiltà umane. Un grafico sensibile e variabile, aperto alle più vaste interpretazioni, che a prima vista disorienta. Da secoli, filosofi, antropologi, giuristi, teologi s’interrogano su che cosa s’intenda per istituzione familiare, dilemma che, almeno in apparenza, sembrerebbe di facile soluzione. Un padre, una madre e i figli nati da tale unione: esiste forse qualcosa di più semplice da definire? Ma, contrariamente a quanto si pensi, l’elementare modello ”nucleare” (dall’inglese nuclear family, che appunto indica una famiglia composta dai suoi elementi essenziali) a cui siamo abituati è storia recente anche per noi italiani: grosso modo due o tre secoli, più o meno dall’avvento della Rivoluzione industriale. Se a questo aggiungiamo uno sguardo ad altre culture, lo smarrimento è totale. Presso i Nayar, una popolazione dell’India meridionale (nella foto 1, una famiglia di bramini nei primi del ’900), gli uomini sentono la guerra come un dovere e il matrimonio non crea legami permanenti: è considerato un’istituzione minima e l’unità madre-figli non ha legami significativi con il padre o marito. Presso i Nuer del Sudan (foto 2) una donna sterile può ”sposare” una donna fertile, facendola fecondare da un maschio; nella medesima comunità, una vedova può effettuare un matrimonio-fantasma con un individuo che porti lo stesso nome del marito defunto. Famiglie autentiche o estensione del dovere di discendenza? Difficile, se non impossibile, stabilirlo. Potrà parere poco scientifico o sentimentale indicare nell’affrancamento dell’individualità (soprattutto femminile), e quindi nella conseguente libertà di vivere con sincerità e sicurezza amori e affetti il motivo sotteso allo sviluppo della famiglia. Eppure, sembra essere l’unica pietra di paragone possibile. In Occidente, almeno fino al 1700, quest’istituzione era basata su regolamenti molto ampi e, come afferma Francesca Sofia, docente di Storia delle istituzioni politiche all’Università degli Studi di Bologna «poteva esserci un’equazione tra il concetto di famiglia e quello di economia. L’economia è domestico-familiare, in quanto dispensatrice di sussistenza che, in molti casi, è di tipo circolare: nasce, si sviluppa e si conclude in se stessa». Vale a dire: il gruppo crea forza lavoro e protezione. E quanto l’economia condizioni la struttura delle convivenze si nota già dal XIV secolo, periodo in cui si verifica una forte differenziazione tra città e campagna: le famiglie urbane sono, per lo più, nucleari; quelle rurali complesse. Il cittadino è spesso artigiano o commerciante: una struttura familiare di piccole dimensioni permette soddisfacenti condizioni di vita. Al contrario, la famiglia rurale (nella foto 3, una famiglia americana del Novecento) è numerosa, composta da più generazioni o nuclei matrimoniali, in quanto la sopravvivenza è legata al podere di proprietà, la cui lavorazione richiede numerose persone. Durante la prima Rivoluzione industriale (XVIII secolo), la famiglia complessa subì un altro colpo che ne aumentò la tendenza alla frantumazione. Nella società preindustriale, le esigenze e i bisogni dei singoli più deboli erano assorbiti e risolti dall’azione del gruppo familiare: più era vasto, maggiore era la sicurezza. La società industriale, invece, prevedeva forme di assistenza non più insite nella famiglia d’origine, ma pubbliche, o legate ad associazioni. Il concetto di famiglia nucleare è oggi divenuto il modello per eccellenza del focolare (come nel telefilm ”Happy Days”, foto 4) ma il processo d’espressione individuale avanza. «La famiglia italiana sta mutando» dichiara Marta Boneschi, autrice di ”Voci di Casa – La famiglia italiana: ieri, oggi, domani” (ed. Frassinelli, 2002, pp. 273, 16 euro). «La famiglia di fatto, anche composta da individui dello stesso sesso, la convivenza, la scelta di non riprodursi, l’adozione anche ai single e ai separati... vivere insieme oggi è una libera scelta, un atto d’amore più che nel nostro passato». Mario Lenzi