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 2004  maggio 08 Sabato calendario

Dove va la famiglia tradizionale, quella composta dal modello padre-madre-figli? Cominciamo a rispondere con i numeri, quelli dell’Istat: negli ultimi dieci anni, le coppie di fatto sono più che raddoppiate: dall’1,6% del 1991 al 3,6% del 2001

Dove va la famiglia tradizionale, quella composta dal modello padre-madre-figli? Cominciamo a rispondere con i numeri, quelli dell’Istat: negli ultimi dieci anni, le coppie di fatto sono più che raddoppiate: dall’1,6% del 1991 al 3,6% del 2001. E tra queste, nonostante l’Istituto nazionale di statistica abbia considerato ”incongrui” i questionari in cui il coabitante dello stesso sesso si identificava come ”convivente”, è rappresentata anche la realtà delle famiglie gay e lesbiche. C’è un altro dato interessante. Nel 5,1% delle famiglie, uno dei partner è vedovo o divorziato e nelle cosiddette famiglie ”ricostituite” (in cui almeno uno dei due ha avuto una precedente esperienza matrimoniale), lei è più vecchia di lui nel 23% dei casi. E poi stiamo invecchiando: su poco meno di 57 milioni di italiani, la percentuale di popolazione di 65 anni è infatti passata dal 15,3% del 1991 al 18,7% del 2001 e in questi dieci anni è praticamente raddoppiato il numero delle persone ultracentenarie. Le statistiche comparate, più efficaci di un’analisi dettata dall’esperienza quotidiana, danno la misura dei mutamenti in atto. E sono risultati che fanno riflettere. Regina delle trasformazioni, in un’Italia meno aderente alle tradizioni che in passato, è l’istituzione della famiglia. Quasi tutti gli italiani, in effetti, continuano a vivere nelle famiglie, che però sono sempre più piccole, con un numero medio di componenti che va da 2,8 a 2,6. Aumentano anche le famiglie con un solo genitore, mentre quelle unipersonali (i single) sono una su quattro. Tante? Tantissime. Numeri che alzano il sipario su una famiglia italiana in corsa verso «un futuro che deve avere un’unica parola d’ordine: amore, solo per amore; amore fisico, ma anche amore delle idee, dei progetti, e persino delle fobie delle persone con cui scegliamo di vivere». Questo l’auspicio di Alessandro Cecchi Paone, ideatore, autore e conduttore della ”Macchina del Tempo”, che ricostruisce nel suo ultimo libro ”Solo per amore” (ed. Il Saggiatore, 16 euro) la storia della famiglia fino alla forma attuale, attraverso un itinerario tra filosofia e antropologia, psicologia e storia della cultura. «La famiglia tradizionale si sta diversificando» osserva Alessandro Cecchi Paone «e le persone stanno esplorando forme diverse di sessualità nelle loro relazioni sentimentali. Diversi aspetti della vita familiare, dall’intimità alle emozioni, alla sessualità, sono sottoposti a mutamenti di grande rilievo, legati ai più vasti cambiamenti sociali, economici e di altro tipo prodotti dalla globalizzazione». Qualche altro numero: secondo un monitoraggio sulla coppia condotto dall’équipe di ricerca dell’Ipsa, diretta dallo psicoantropologo Massimo Cicogna, su un campione di 1200 adulti di entrambi i sessi e di età compresa tra i 23 e i 47 anni, le donne hanno smesso di sognare principi azzurri e il giorno del fatidico sì. Per il 60% di loro, infatti, il matrimonio non rappresenterebbe più la realizzazione della vita. Percentuale che scende al 58% per gli uomini. Un dato rivoluzionario? Forse no. Anche per la psicopedagogista e psicoterapeuta Maria Rita Parsi la famiglia si configura come il luogo degli affetti: «In seno alla famiglia si sviluppa, o dovrebbe svilupparsi, quell’amore che muove e sommuove il nostro microcosmo interiore, così come il macrocosmo degli eventi che ogni giorno vengono messi in scena nel teatro del mondo, e che ci permette di acquisire la competenza e la completezza emotiva del darsi e di riconoscere l’altro come altro da noi» (Maria Rita Parsi, ”Amori imperfetti”, Mondadori, 2003). In collaborazione con Maria Beatrice Toro, psicologa della fondazione Movimento Bambino, la Parsi ha tracciato un identikit delle famiglie d’oggi che restituisce all’immagine in bianco e nero dei dati demografici la profondità e le sfumature proprie di una realtà multiforme e complessa. Al di là del dato sociologico, le famiglie si differenziano oggi dal punto di vista affettivo e in base alla distribuzione delle regole e dei ruoli. «La circolazione dell’amore nelle famiglie» precisa la dottoressa Toro «avviene in maniera diversa rispetto al passato, anche in relazione al modo in cui i vari componenti vivono affettivamente ed emotivamente i ruoli familiari». Muovendo da questi presupposti, Maria Rita Parsi ha individuato nuove tipologie di famiglie, che vanno fatalmente a intercettare i fenomeni espressi dalle statistiche. Come accade, per esempio, nel caso delle famiglie che rientrano nella definizione ”a nido caldo”. Di cosa si tratta? Facile intuirlo: famiglie iperaccoglienti, da cui non si esce mai, dove si perdono i confini generazionali, perché alla fine ci si ritrova tutti adulti ”alla pari”; da un lato, incubatrici per le cosiddette adolescenze lunghe, dall’altro ammortizzatori sociali in un’Italia dove raramente si riesce a raggiungere la piena indipendenza economica prima dei trent’anni. Ma una cartina di tornasole delle mutate consuetudini sociali sono anche le famiglie ”sabbie mobili”, quelle più informali, dove non esistono più i ruoli e in cui la comunicazione è, appunto, a sabbia mobile: la regola che va bene oggi, domani non vale più. Insidiose, perché minano e rendono più fragile l’identità delle persone che ne fanno parte, le famiglie sabbie mobili coincidono spesso con la famiglia ricostituita e allargata, un modello che oggi appare molto diffuso e in crescita costante: ne possono far parte figli nati da unioni diverse, e che per questo un giorno sono costituite da tre membri, un giorno da quattro, a seconda di quali siano i genitori affidatari. Sempre secondo lo studio Parsi-Toro, esistono anche le ”famiglie virtuali”, in cui vige il non-incontro, la mancanza di tempo, la frenesia; e le ”famiglie caserma”, in cui le regole sono estremamente rigide o in cui un membro, e non è detto che sia un genitore (può anche essere un figlio), si arrocca su una difesa di qualcosa che non muti. Via via, percorrendo la spirale dell’incomunicabilità, ci si imbatte nelle ”famiglie disfunzionali” e ”a rischio”, dove c’è trascuratezza nell’accudimento reciproco, in cui i membri della famiglia si ignorano da un punto di vista affettivo, o dove non vengono osservati i minimi obblighi genitoriali. Apparecchiare il desco nella sala da pranzo del ”signor Rossi”, dati Istat alla mano, non si può più considerare un gesto meccanico. Se in una famiglia allargata è d’obbligo chiedersi ”quanti siamo oggi?”, persino in un ”nido caldo” la geografia dei posti a sedere non è scontata: non è detto, ad esempio, che a capotavola non si accomodi la mamma, in luogo del papà. Accanto alla nonna anziana, poi, deve poter trovare posto la badante, a dimostrazione del fatto che la famiglia reale non coincide oggi necessariamente con quella biologica. Il ”piccolo” di casa, infine, alle soglie dei trent’anni, non avverte mai quando torna all’ovile. Nelle ”famiglie virtuali”, in compenso, il problema è presto risolto: non c’è tempo nemmeno per mangiare, figuriamoci per altro. La famiglia italiana, che sempre meno chiaramente riusciamo a immaginarci riunita a tavola, tende letteralmente a ridursi ai minimi termini. Secondo l’istituto di ricerca nazionale, le coppie con figli sono in calo del 4% rispetto al 1991; per contro, stanno aumentando le coppie senza figli, che rappresentano il 29,5% del totale. Le coppie con un solo figlio sono il 45,5%; quelle con due il 42,2%, quelle con tre o più il 12,3%. Ai nostri giorni, «la scelta di mettere al mondo dei figli» annota Cecchi Paone in ”Solo per amore” «è drasticamente cambiata: nella cosiddetta famiglia tradizionale, i figli erano non solo un dono divino, ma anche un bene economico, mentre oggi, soprattutto in Occidente, rappresentano un notevole onere per il bilancio familiare. La decisione di procreare ha quindi assunto connotati psicologici ed emotivi e sono cresciute di pari passo le aspettative sull’educazione e la crescita». Per la cronaca, l’arrivo di un bebè, secondo le stime contenute nel Libro bianco del Welfare, costa in media alla famiglia dai 500 agli 800 euro al mese. Una somma che per molti è insostenibile. Sostegno alle giovani coppie e alle famiglie finalizzato alla natalità, al reddito, alla casa, ai servizi per la prima infanzia e per i disabili: è quanto prevede il programma di ricerche che saranno realizzate dall’Osservatorio nazionale sulla famiglia insediato lo scorso 27 gennaio al ministero del Welfare. Così, alla presenza del ministro Roberto Maroni, si è aperto in Italia l’Anno internazionale della famiglia. Allo stato attuale, il contributo complessivo che il governo italiano stanzia per le famiglie non raggiunge però il 4% della spesa totale per le prestazioni sociali, meno della metà della media europea. Se la soddisfazione per la qualità della vita può equipararsi alla felicità, gli italiani sono i più infelici del mondo, stando a un’indagine del Censis condotta nel 2003 in 40 Paesi, compresi Cina e Filippine. Da dove viene lo scontento? Circa sette milioni e mezzo di nostri connazionali (un dato notevole) hanno indicato come principale preoccupazione lo stress dovuto alle crescenti responsabilità nel lavoro e alle preoccupazioni per la salute e la previdenza pubblica. «Gli italiani» ha commentato Giuseppe Roma, direttore del Censis, «sentono aumentare le responsabilità personali, con un senso di solitudine generale e di insicurezza sociale dove si tende a scaricare tutto sulle famiglie in difficoltà». La famiglia, secondo il 65% degli italiani, è troppo sola e non è sostenuta dalle istituzioni nel momento del bisogno. Ne consegue che l’84,8% pensa che sia compito dei figli adulti prendersi cura dei genitori (contro il 73% negli altri Paesi). D’altro canto, il 25,2%, in caso di difficoltà, per avere aiuto si rivolgerebbe proprio ai genitori (solo il 16,8% negli altri Paesi). I nonni restano comunque fondamentali: nel 64,5% delle famiglie hanno giocato o giocano tuttora un ruolo di riferimento. Il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, in un messaggio al cardinale Ruini, ha ricordato come la famiglia abbia un ruolo essenziale nel cammino di progresso nella nostra società. Progresso che sembra però privarsi del lavoro delle donne madri di famiglia: secondo un’indagine Istat-Cnel del 2003, infatti, su 50 mila madri italiane intervistate a distanza di 18-21 mesi dal momento del parto, il 71% di quelle che un tempo avevano un’occupazione si trova escluso per sempre dal mondo del lavoro. Diversamente accade in Inghilterra, dove per contrastare il fenomeno delle ”casalinghe di ritorno” fra i quadri femminili, banche, imprese e uffici governativi si sono spinti a offrire fino a cinque anni di congedo di maternità. Al senso di solitudine e di insicurezza sociale fanno da contraltare le gioie della coppia moderna che, come si legge in ”Solo per amore”, si fonda sulla comunicazione dei sentimenti, ovvero sull’intimità, un concetto che si è affermato solo di recente in ambito familiare. Il dialogo tra i due componenti della coppia è all’origine del loro legame ed è la principale ragione della sua continuazione. A meno, naturalmente, di un epilogo come quello toccato, lo scorso 13 febbraio, a una delle più celebri coppie del mondo dei giocattoli. Dopo 43 anni di unione e di marketing comune, finisce l’idillio tra Barbie e Ken. «Come altre coppie celebri» ha annunciato Russell Arons, vicepresidente marketing della Mattel, «la loro storia d’amore hollywoodiana è giunta al termine. Ma resteranno amici». Un destino, quello di Barbie e Ken, condiviso da un numero crescente di persone del mondo reale. Secondo l’Istat, nel 2000 in Italia sono state 72.000 le separazioni e 37.000 i divorzi con un aumento rispetto al ’95 del 37,5 per cento e del 39 per cento. In pratica si registra una separazione ogni quattro matrimoni e un divorzio ogni nove. Ma non tutto è perduto. Al motto di ”uomo avvisato, mezzo salvato”, al fine di contrastare l’aumento dei divorzi, si sono cimentati anche insigni scienziati, che hanno elaborato un modello matematico ad hoc. Lo studio che ha portato a questo sorprendente risultato è stato condotto per oltre 10 anni su più di 700 coppie. Secondo i suoi inventori, lo psicologo John Gottman e i matematici James D. Murray e Kristin Swanson dell’Università di Washington, l’equazione salva-matrimoni sarebbe in grado di azzeccare le previsioni nel 94% dei casi. In pratica, basterebbe far riempire un questionario ai due innamorati e poi osservarli mentre la conversazione si concentra su questioni critiche, come il denaro e i figli. «Quando una coppia consolidata affronta un discorso serio» spiega Gottman «discute e magari arriva a litigare. Ma poi riesce anche a prendersi in giro: sono segnali di contatto emozionale. Molte coppie, invece, non sanno come entrare in contatto. Questo si tramuta in conflittualità e in un fallimento della comunione emotiva della coppia». Secondo il modello matematico, che ha quantificato il rapporto di interazioni positive e negative in una conversazione a due, l’indice perfetto è cinque a uno: al di sotto, il rapporto non è destinato a durare. Provare per credere. Cosina Arturi