Severino Colombo, La Macchina del Tempo, maggio 2004 (n.5), 8 maggio 2004
Giorgio Vercellin è docente di Storia e Istituzioni del Vicino e Medio Oriente all’Università Ca’ Foscari di Venezia e autore di numerosi studi tra cui ”Tra veli e turbanti” (Marsilio)
Giorgio Vercellin è docente di Storia e Istituzioni del Vicino e Medio Oriente all’Università Ca’ Foscari di Venezia e autore di numerosi studi tra cui ”Tra veli e turbanti” (Marsilio). A lui abbiamo chiesto come intendere i due versetti del Corano (vedi cornici sotto) in cui si fa specifico riferimento all’uso del velo per le donne. «Nel primo si parla di semplici norme etiche e morali» spiega Vercellin «non a caso poco dopo si dice che gli uomini pure devono vestirsi e comportarsi in un certo modo. Il secondo versetto, più esplicito, è da interpretare così: nel VII secolo la comunità musulmana era ancora piccola, le donne appartenenti a questo specifico gruppo dovevano distinguersi, essere eticamente superiori. In quell’epoca il velo era tipico delle donne delle classi alte: essere velate segnalava l’appartenenza a un ceto superiore e infatti le donne delle classi inferiori e le schiave non lo portavano. Distingueva anche le donne che vivevano nelle città e nei grandi centri da quelle delle campagne che usavano un semplice foulard. Questo non vale solo in Oriente: nelle nostre campagne, fino a cinquant’anni fa, le contadine lavoravano con un foulard in testa, pure in uso ancora oggi tra le donne della Grecia ortodossa e dell’Anatolia turca». Poi che cosa accade? «Nel momento in cui l’Islam si diffonde in tutto il Medio Oriente, cioè nel VII secolo, gli arabi da nomadi divengono sedentari. A questo punto la donna comincia a rivestire un ruolo sociale più definito, ad avere delle relazioni interpersonali più stabili. La società islamica, d’altro canto, vuole apparire rispettosa delle regole religiose, vuole osservare i principi del corano, ed è in questo contesto che si afferma con forza la tradizione del velo». Il velo copriva anche il volto? «Nel Corano il termine usato indica semplicemente un mantello. Del resto il viso coperto si trova solo in alcuni piccoli Stati del Golfo e in Afghanistan e il perché resta un mistero, probabilmente si tratta di ragioni locali. In Iran, come in Marocco o in Asia Centrale, il viso non è mai coperto». Come mai oggi la questione del velo ha assunto tanta importanza? « indiscutibile che sia in atto uno scontro di civiltà, ma c’è anche la volontà di radicalizzare il conflitto. Per le donne musulmane essere velate significa avere una certa identità contrapposta a un’altra. La contrapposizione non riguarda la democrazia, piuttosto un certo way of life: in Iran le donne votano e sono votate ma rifiutano un particolare modello di Occidente. In molti Paesi musulmani, poi, il potere è gestito da gruppi maschilisti patriarcali per cui quella del velo non è una scelta ma un’imposizione. Al di là di questo, il velo islamico è il velo di una cultura islamica. Ma anche la cultura può cambiare».