Oggi, 10 marzo, 8 maggio 2004
Non pensa che per Dalí la pittura fosse una specie di terapia? «Sì, è un po’ così. Esternava i suoi incubi per padroneggiarli poi nella dimensione estetica della quale si sentiva signore
Non pensa che per Dalí la pittura fosse una specie di terapia? «Sì, è un po’ così. Esternava i suoi incubi per padroneggiarli poi nella dimensione estetica della quale si sentiva signore. A me facevano un po’ impressione certi grumi del suo inconscio, certe composizioni. Arrivai dal maestro che ero una fan di De Chirico: la visione metafisica dell’artista italiano può rendere inquieti e malinconici ma non fa mai paura. Invece certi quadri del maestro mi terrorizzavano. Oggi di lui apprezzo i Cristi, i soggetti sacri e gli squarci di pittura alla Velàzquez. Sono curiosi certi quadri degli anni Trenta in cui cominciò a inserire oggetti del quotidiano. Fece un piccolo tavolo con una bottiglia di Coca-Cola. Andy Warhol, che era andato a mostrargli i propri disegni di scarpe, lo vide e dette il via alle icone della pop art. In tanti hanno attinto a Dalí».