L’espresso, 11 marzo, 8 maggio 2004
L’espresso, 11 marzo Tra alti e bassi, nella mia vita ho conosciuto anche la depressione. stato un periodo duro e difficile
L’espresso, 11 marzo Tra alti e bassi, nella mia vita ho conosciuto anche la depressione. stato un periodo duro e difficile. Ho molto sofferto e ho fatto soffrire chi mi stava vicino perché avevo un umore micidiale e mi incupivo nella sofferenza. Poi, dopo qualche mese, è finita. Come? Non lo so. Un giorno mi sono sentito meglio. Avevo preso un po’ di pillole, avevo fatto un po’ di psicoterapia, avevo seguito il consiglio di distrarmi sessualmente. Non saprò mai cos’è che ha funzionato, ma sono terrorizzato di ricascarci di nuovo. Ora però leggo che un italiano su cinque soffre di depressione. Facendo i conti, siamo in circa 12 milioni. Mi consolo perché mi sento in buona compagnia, ma penso anche che forse si sta esagerando un po’. Manilo Calcagno Si sta esagerando molto. Questi numeri insensati lanciati periodicamente da congressi psichiatrici, senza riscontri e fonti epidemiologiche, destano più di un sospetto. Gliene elenco qualcuno: pressione delle case farmaceutiche che fanno affari miliardari con gli antidepressivi, limiti culturali e scientifici della psichiatria organicistica, ricerca esasperata dell’attenzione dei media. Attenzione che non manca mai perché la depressione è un tema che, come si dice in gergo, tira sempre. Sono infatti una decina di anni che questo termine psichiatrico va appiattendo su di sé la complessità delle emozoni umane, dando origine a una grande confusione clinica e culturale. Ciò che una volta si chiamava tristezza, malinconia, dolore, oggi si chiama depressione. Avrà notato che anche nel linguaggio comune nessuno si considera più avvilito, abbattuto o semplicemente infelice, perché siamo tutti depressi. andata così anche in altre stagioni con termini passe-partout che hanno dato un’etichetta alla comune infelicità di vivere, come esaurimento nervoso o stress. Ma nella scelta della depressione (sindrome clinica che può essere grave e molto seria) c’è in più l’allusione all’ineluttabilità della malattia mentale che colpirebbe non si sa perché, quasi fosse un virus. Così diventiamo tutti malati attuali o potenziali, da curare con i farmaci naturalmente. Io non so che tipo di malessere abbia avuto lei, signor Calcagno, e non aprirò qui l’annosa questione della cura. Adulti responsabili sono liberi di rispondere allo spirito del tempo e imbottirsi di psicofarmaci. Ma questo clima culturale si fa delittuoso quando cerca di raggiungere chi non può scegliere. L’ultima frontiera mercantile della psichiatria d’assalto sono infatti i bambini irrequieti e gli adolescenti indolenti o ribelli. Su di loro si lanciano dati indecenti e si cerca di infiltrarsi nelle scuole con osservatori ”contro la depressione”. Genitori smarriti e insegnanti pigri accettano di delegare i loro compiti educativi agli psichiatri. Ma la cosa più grave è che nessuno sembra capace di indignarsene. Stefania Rossini