Varie, 8 maggio 2004
SOSSI
SOSSI Mario Imperia 6 febbraio 1932. Giudice (in pensione dal 2006). Avvocato. Nel 1974 fu rapito dalle Brigate Rosse. Nel 2007 candidato alle amministrative con Alleanza Nazionale, dal settembre 2008 coordinatore ligure di Azione Sociale, il movimento guidato da Alessandra Mussolini • «Da magistrato lo chiamavano ”il dottor manette”. Anni Settanta quando essere giustizialista significava essere di destra. Il suo sequestro segnò il salto di qualità delle prime Brigate rosse. Lo presero sotto casa alle otto di sera del 18 aprile 1974. ”Cercavi le Br? Le hai trovate...”. Lo rilasciarono il 23 maggio. [...] ”La condizione di ostaggio uno non se la dimentica. strano ma ricordo soprattutto i sogni che facevo. L’adunata dei miei Alpini a Udine. Io che cammino su un poggiolo e mi accorgo che non ho vie di uscita. Io che corro in salita per poi accorgermi che sono sempre fermo [...] Una volta tornato in ufficio mi trovai davanti un terrorista in manette. Mi disse: ”Ricordati sempre che sei in libertà provvisoria’. Saltarono le regole”» (Marco Imarisio ”Corriere della Sera” 8/5/2004) • «[...] Sei stato un magistrato nell’occhio dello tsunami? Un servitore dello Stato, allora, quando alla definizione veniva dato il peggior significato possibile? Un personaggio politically incorrect? Insomma, sei stato Mario Sossi, pubblico ministero negli anni di piombo? Bene, metti punto e cambia toga. Lui lo ha fatto: a quella da magistrato ha sostituito l’altra, da avvocato. Penalista, si rimane nel campo: consulenze in materia societaria, alimentare, bancarotte fraudolente, ”infermità di mente, in quanto io sono criminologo clinico con il massimo dei voti e lode”. Fisico asciutto, come allora; ricordi precisi, come allora; stessa casa, come allora; baffi spariti, ”ma i tempi cambiano”. Perché l’addio? ”Per un contrasto insanabile con i consiglieri della mia sezione e anche con la prima presidenza. Niente nomi, ma un giorno un magistrato di alto livello, ha partecipato, diciamo unitamente a un partito, non precisamente di centro, a una manifestazione per l’unione delle coppie omosessuali. Prescindendo dalla mia appartenenza ai giuristi cattolici, trascurando, dico completamente, i princìpi religiosi, esiste un diritto naturale, il matrimonio e l’unione tra uomo e donna”. Tutto molto attuale. Come l’inflessibile pubblico ministero di quei primi anni settanta, quando i muri di Genova, ”laboratorio rivoluzionario”, rilanciavano echi minacciosi: ”Sossi sei ricercato dai proletari e condannato a morte”. Spacconate. Eppure, pochi minuti prima delle 21 di giovedì 18 aprile 1974, le Brigate rosse lo rapirono per strada, a pochi metri da casa. ”Portare l’attacco al cuore dello Stato e trasformare la crisi di regime in lotta armata per il comunismo”, lo slogan alle spalle del ”prigioniero”, quando lo fotografarono, pesto e spaurito. Osserva oggi Alberto Franceschini, che di Sossi fu l’inquisitore incappucciato: ”Per ragionare in brigatese, lui non era il ”cuore dello Stato’: già allora, nel documento di rivendicazione, sottolineavamo come il ”cuore dello Stato’ fosse non una persona ma un progetto, un piano all’interno del quale quella persona era inserita. In quel momento, egli rappresentava il punto di partenza della nostra linea strategica di attacco a quello che chiamavamo ”il progetto neogollista di riforma reazionaria dello Stato’. Senza l’’azione Sossi’, credo che non ci sarebbe stato il ”sequestro Moro’”. Nel ”carcere del popolo”, un villino sulla collina di Sarezzano, presso Tortona, l’’alpino con la toga” venne sottoposto a ”processo proletario”, liturgia ripetuta con Aldo Moro. Registrarono l’interrogatorio che, ricorda Sossi, ”si basava quasi esclusivamente su articoli di quotidiani. Da la dentro mandai messaggi alle varie autorità, al Capo della Stato: erano criptici, però molto facili da capire, si vede che c’era qualcuno che non li voleva capire”. Di quel ”dibattimento proletario”, chiamiamolo così, il 15 ottobre, a Piacenza, al primo piano di via Campagna 54/A, in un ”covo freddo”, cioè una base abbandonata, fu trovata, e contrassegnata ”reperto 49”, una cassetta Lesa 120, con l’etichetta ”Interrogatorio già trascritto”. Dice Franceschini: ”Conservammo quell’unica bobina, con la parte più significativa, perché di fronte a future ”contestazioni’, avremmo avuto la ”prova’ inconfutabile delle nostre affermazioni”. La trascrizione dell’intero interrogatorio, conservata in quel covo, è sparita. Ci fu braccio di ferro fra bierre e Stato: la vita dell’ostaggio per la scarcerazione di otto del gruppo ”XXII ottobre”. Con un’ordinanza di libertà provvisoria la corte d’appello decise che sì, lo scambio era possibile, a patto che il prigioniero tornasse incolume. Ma, si sa, fra il dire e il fare c’e spesso di mezzo l’oceano e quando i brigatisti diffusero l’ultimatum, Sossi si sentì abbandonato. Nell’organizzazione clandestina ci fu baruffa fra quanti volevano la liberazione e quelli che facevano pollice verso. ”L’ho saputo dopo, che c’era stata la spaccatura e che Moretti era per la mia esecuzione. Ma lui non l’ho mai né visto né sentito”. Domenica 12 e l’indomani, urne aperte per 32.282.113 cittadini che decideranno se cancellare il divorzio; il 59,1 per cento disse che doveva restare e La Stampa titolò a tutta prima pagina: ”L’Italia è un paese moderno, vince il NO, il divorzio resta”. Ma anche tutto il resto, purtroppo. L’ostaggio Sossi venne liberato giovedì 23 maggio. Nessuno della ”XXII ottobre” era uscito dal carcere. ”Appena libero mi sono fatto trasportare d’urgenza all’Istituto di medicina legale per dar modo al dottor Coco, allora procuratore generale, di constatare la mia non incolumità, e quindi di poter non eseguire l’ordinanza di scarcerazione. In una lettera autografa Franceschini afferma che non rivelai cose che avrebbero potuto nuocere allo Stato e che in nessun modo avevo aderito alla loro ideologia o comunque dato loro una mano”. Allora dichiarò che non avrebbe più fatto processi politici: è stato di parola? ”Diciamo che, come pubblico ministero, li ho dovuti assumere”. Differenze fra il terrorismo di allora e di oggi? ”Oggi è molto più organizzato su base internazionale. Anche se, come avevo rilevato nel ”71 quando avevo emesso ordine di cattura nei confronti del nipote di Togliatti, Vittorio, quello delle prime Br una base internazionale ce l’aveva e i collegamenti fondamentali erano con Radio Praga e con il Fronte per la liberazione della Palestina”. Il rapimento, assicura, l’ha condizionato ”moltissimo, ma solo per quanto riguarda la libertà di movimento, perché mi è stata imposta una scorta, per la bellezza di dieci anni”. E ”non è stato un vantaggio né uno svantaggio per la carriera”. Tornò al lavoro il 2 settembre, quel lunedì mi disse di esser ”peronista”. Non lo è più. ”Ormai è inattuale, tutto cambia. Quella mia appartenenza studentesca, specialmente nei primi anni ”50, era alla destra sociale, non certo a una liberale o, peggio, massonica. Ho molto rispetto per chi cambia perché convinto: per dire, il cambiamento di Oriana Fallaci, autentico, eppure hanno fatto molto can can”. [...]» (Vincenzo Tessandori, ”La Stampa” 19/10/2006).