la Repubblica, venerdì 5 marzo, 7 maggio 2004
Anche di Walter Veltroni sono amico abbastanza da dirgli che una manifestazione in favore di Priebke, qualunque ignobiltà possa esservi inalberata - per esempio, un manifesto col suo nome e il mio - merita un’alzata di spalle, non una mobilitazione per impedirla
Anche di Walter Veltroni sono amico abbastanza da dirgli che una manifestazione in favore di Priebke, qualunque ignobiltà possa esservi inalberata - per esempio, un manifesto col suo nome e il mio - merita un’alzata di spalle, non una mobilitazione per impedirla. Non sarà una vergognosa giustificazione del militare che obbedisce agli ordini a procurare o inibire una misura di umanità nei confronti dell’antico nazista. Né è consolante che anche su questo si riproduca la fedeltà dei partiti alla propria geografia e demagogia, magari quella geografia riaggiustata per la quale la sinistra dà per imprescrittibile una persona e non un reato, e la destra la scavalca in intransigenza, perché così vogliono i tempi. Si chiede la grazia per Priebke: non so né se sia giusto, né se sia saggio. Penso però che anche fuori della grazia uno Stato abbia risorse legali per trasformare degli arresti domiciliari in Italia per ragioni di età e di salute in un’espulsione a un quartiere di Bariloche. Cambierà di poco, la pagina di giornale che racconti la morte di un decrepito, un legno secco della storta pianta umana. Quanto a me, e all’imprevista oscena confidenza che si è andata stabilendo fra quell’uomo e me, io sto dalla parte in cui tanto accanito concorso ha voluto mettermi, contraffacendo la parte che mi ero io stesso scelto, nei miei momenti più generosi - degli ultimi, vogliamo dire, dei dannati? Dapprincipio si prova un ribrezzo, a volte una solitudine greve, poi ci si abitua, benché non del tutto. E alla fine, anche potendo scegliere, non si tornerebbe più dall’altra parte. Adriano Sofri