la Repubblica, venerdì 5 marzo, 4 maggio 2004
Nella realtà quotidiana, Bologna è un paese. Se uno si ferma di fronte alle due Torri, davanti alla Feltrinelli di Romano Montroni, in qualche minuto incontra tutti
Nella realtà quotidiana, Bologna è un paese. Se uno si ferma di fronte alle due Torri, davanti alla Feltrinelli di Romano Montroni, in qualche minuto incontra tutti. Il comitato elettorale di Guazzaloca è a poche decine di metri, ”Bologna 2004” di Cofferati a poche centinaia. Il Mulino e Nomisma a un passo. La casa di Prodi, funestata dal libro-bomba, idem. L’università, tutta lì intorno. Non si apre una conversazione senza la domanda: com’è messo, Cofferati? Bologna è perplessa per la guerra dei sondaggi: a destra danno Guazzaloca al 54 per cento, a sinistra ribaltano i dati. Andrea Papini, deputato prodiano, fa i conti: «Con i voti del 2001, il Cinese ha a disposizione il 59 per cento». Per non vincere al primo turno dovrebbe impegnarsi allo stremo, fa capire un altro prodiano della prima ora, Giulio Santagata. Già, ma quanti di questi voti sono a rischio? Sguscia fra le auto con il suo scooter coperto Gianni Pecci, l’uomo del pullman di Prodi che nel 1999 traumatizzò il centrosinistra ortodosso optando per Guazza. Ora presiede l’Agenzia per la mobilità, che gestisce la liberalizzazione dei servizi di trasporto: «Dopo tanti anni finalmente c’è una battaglia incerta». Passa Andrea Emiliani, l’ex soprintendente che con le mostre di Guido Reni e dei Carracci fece di Bologna una capitale dell’intrattenimento culturale: «Ma no, Cofferati ce la fa». E l’insofferenza per una decisione caduta dall’alto? Luca Cordero di Montezemolo, che qui presiede la Fiera, disse che per i bolognesi la scelta del Cinese equivaleva a comprare i tortellini in Svezia. «Ormai ci hanno fatto l’abitudine», sogghigna Emiliani, tempra romagnola. «Mica tanto», ribatte Pecci: «Il mal di pancia c’è ancora, il centro non ha ancora digerito il metodo».