Il Sole-24 Ore, giovedì 4 marzo, 4 maggio 2004
La politica energetica è diventata negli ultimi anni un affare serissimo per il governo che si è posto come obiettivo strategico una doppia diversificazione
La politica energetica è diventata negli ultimi anni un affare serissimo per il governo che si è posto come obiettivo strategico una doppia diversificazione. «La Cina vuole ampliare il mix dei combustibili utilizzati per coprire il fabbisogno energetico nazionale: in questo quadro, entro il 2020, il contributo del gas naturale dovrebbe più che triplicare passando dall’attuale 3 al 10 per cento», dice Gualtiero Damia, esperto del settore energetico. Inoltre, Pechino sta tentando anche di allargare il più possibile le fonti geografiche di approvvigionamento. Oggi circa la metà del petrolio importato dalla Cina viene dal Medio Oriente. Troppo per due buone ragioni. Perché il Celeste Impero rischia di legare a doppio filo le sorti del proprio sviluppo industriale a una delle regioni del mondo a più elevata instabilità politica. E perché nel caso in cui un domani la Cina dovesse venire ai ferri corti con gli Stati Uniti (chi si occupa di geopolitica deve ipotizzare tutti gli scenari, anche i peggiori), per questi ultimi sarebbe un gioco da ragazzi chiudere i rubinetti del greggio bloccando le rotte navali che transitano dal Sudest asiatico.