Il Sole-24 Ore, giovedì 4 marzo, 4 maggio 2004
Purtroppo per Pechino, però, madre natura non ha avuto nei confronti del Celeste Impero la stessa generosità mostrata con le altre due superpotenze, Russia e Stati Uniti
Purtroppo per Pechino, però, madre natura non ha avuto nei confronti del Celeste Impero la stessa generosità mostrata con le altre due superpotenze, Russia e Stati Uniti. Nonostante le dimensioni sterminate del suo territorio, la Cina è infatti povera di giacimenti petroliferi. Per questa ragione, il nuovo colosso dell’economia planetaria è stato costretto orientarsi su un combustibile naturale di cui invece è piuttosto ricco, il carbone. Ciò spiega perché il secondo consumatore di energia del mondo abbia un portafoglio tanto sbilanciato: 65 per cento carbone, 25 per cento petrolio, gas 3, nucleare 1,4 e altre fonti 5,6 per cento. Vista la scarsità domestica di oro nero, per sostenere l’esplosione dell’economia nazionale negli ultimi anni Pechino ha aumentato in misura esponenziale gli approvvigionamenti di greggio dall’estero. Anche a questo riguardo i dati e le stime della Iea rendono bene la portata del fenomeno. Nel 2003, la Cina ha incrementato di oltre il 31 per cento le proprie importazioni di petrolio. E in futuro lo shopping oltremare di oro nero lieviterà sempre di più: se oggi l’import di petrolio copre circa poco più di un terzo del fabbisogno di greggio cinese, entro il 2030 questa quota supererà l’80 per cento, sostiene l’agenzia parigina.