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 2004  maggio 04 Martedì calendario

Benedetti Nicki

• (Nicola Benedetti) West Kilbride (Gran Bretagna) 1 luglio 1987. Violinista. «Se fosse un film, potrebbe cominciare così. Londra, 2004. Una bella ragazza di sedici anni, capelli lunghi sulle spalle, fisico da rockstar, ombelico scoperto, impugna il violino al centro di un palcoscenico, sudata, ansimante, sorridente, travolta da un uragano di applausi. Dissolvenza. Braga, provincia di Firenze, 1954. Un bambino di dieci anni, trascinando un valigione più grande di lui, sale su un treno che lo porterà fino in Scozia, dove lo attende un posto di garzone nel caffè dello zio, lontano dai genitori, in una terra di cui non conosce nulla, a cominciare dalla lingua. Tra un fotogramma e l’altro passano esattamente cinquant’anni. Nel mezzo, il piccolo emigrato fiorentino cresce, si sposa con un’altra italiana emigrata in Scozia, fa fortuna, si stabilisce a West Kilbride, villaggio di pescatori sul canale del Nord, dove alla coppia nascono due figlie, la più giovane delle quali un giorno, prima ancora di avere imparato a leggere e a scrivere, impugna per caso un violino e si rivela un prodigio. Nella scena da lieto fine, la violinista adolescente è ritratta sulla prima pagina del “Times”, sotto il titolo “Un’ovazione per la nuova stella della musica classica”, dopo aver vinto il concorso della Bbc per il Giovane Musicista dell’Anno [...] sembra avviata a diventare un’altra Vanessa Mae, un nuovo fenomeno a metà strada tra la classica e il pop, tra la musica colta e quella popolare. Ha già fatto concerti da solista a Londra, Parigi, Mosca, New York. Ha suonato davanti alla famiglia reale e davanti a 10mila persone. Ha frequentato i più prestigiosi conservatori nazionali, ora vive da sola in un collegio di Londra, circondata di maestre, agenti, talent-scout, direttori d’orchestra [...] Come mai, all’età in cui le bambine giocano con le bambole, prese in mano un violino? “Accompagnavo mia madre alle lezioni di violino di mia sorella. All’inizio quel suono così strano mi spaventò, e scoppiai a piangere. In più, essendo mancina, non sapevo bene come prenderlo”. Ma ha imparato in fretta, lasciando a bocca aperta, dalla seconda lezione, i suoi maestri. Adesso si esercita al violino sette ore al giorno: ha dovuto smettere di andare a scuola, studia privatamente, perché non aveva tempo. “Mi piace uscire con le amiche, andare a ballare, un giorno verrà anche l’amore, ma per ora la mia vita e il mio cuore sono presi al 95 per cento dal violino”, ammette. “Faccio ciò che amo di più, e il futuro dipende soltanto da me: non potrei perdonarmi di avere fallito per trascuratezza o pigrizia”. Sembra una dura filosofia da emigrante: gliela avrà trapiantata il padre. Ma il talento da chi lo ha preso? “Nessun musicista in famiglia. Chissà però che nel mio sangue italiano non ci sia qualcosa dei grandi liutai del passato”» (Enrico Franceschini, “la Repubblica” 4/5/2004).