la Repubblica, giovedi 26 febbraio, 3 maggio 2004
Introdotto da Michele Salvati in modo da marcare le differenze tra la vita pubblica spagnola e quella italiana, il saggio di Pérez-Dìaz descrive il decorso della miracolosa transizione post-franchista
Introdotto da Michele Salvati in modo da marcare le differenze tra la vita pubblica spagnola e quella italiana, il saggio di Pérez-Dìaz descrive il decorso della miracolosa transizione post-franchista. La capacità di compromesso delle varie famiglie politiche, lo sforzo che esse fecero per impedire che la memoria della guerra civile avvelenasse la nascente democrazia spagnola: l’affermarsi d’un atteggiamento di moderazione sull’intera scena pubblica, un progressivo ”incivilimento” della politica. Tutto quel che in Italia, commentava Salvati, purtroppo non esiste. Ma quando vado a trovarlo e gli dico che avverto nella politica spagnola una tensione, una frattura che non m’aspettavo, Pérez-Dìaz mi dà subito ragione. «Sì, è così», dice: «S’ascoltano linguaggi sempre più inquietanti. Com’è ovvio, l’ambito in cui la radicalizzazione si presenta più forte, sino a comunicare l’impressione d’un dramma incombente, è quello dei nazionalismi. Proponendo un piano che farebbe delle loro province un ”libero stato” semplicemente ”associato” alla Spagna, i nazionalisti baschi puntano adesso non più a una modifica bensì alla rottura del quadro costituzionale. E il giorno in cui a Madrid ci fosse un governo di minoranza, la crisi potrebbe farsi gravissima...».