la Repubblica, giovedi 26 febbraio, 3 maggio 2004
Intanto, il tumore dei nazionalismi (che i sociologi potevano definire sino all’altro ieri un «disordine a bassa intensità») minaccia la metastasi: perché adesso anche dalla Catalogna salgono richieste sempre più somiglianti a quelle già da tempo massimaliste, vale a dire separatiste, del Paese basco
Intanto, il tumore dei nazionalismi (che i sociologi potevano definire sino all’altro ieri un «disordine a bassa intensità») minaccia la metastasi: perché adesso anche dalla Catalogna salgono richieste sempre più somiglianti a quelle già da tempo massimaliste, vale a dire separatiste, del Paese basco. In più, ecco i terroristi dell’Eta inserirsi di forza nella campagna elettorale. Come ad adombrare l’idea d’una intesa col governo regionale di Barcellona, che è capeggiato dai socialisti catalani, l’Eta s’è infatti impegnata a sospendere gli attentati nella sola Catalogna. Col risultato che l’ombra d’un dialogo sotterraneo con i terroristi è ricaduta sull’intero partito socialista, indebolendo le già scarse speranze d’una vittoria delle sinistre. Ma pur mettendo da parte - data la sua cronicità - il problema dei nazionalismi, è la vita politica spagnola nel suo complesso che si presenta molto più turbolenta e aggressiva di com’era alla vigilia delle elezioni del 2000. Allora, la ricerca di consensi da parte dei popolari e dei socialisti aveva puntato verso il centro: e infatti le campagne elettorali dei due partiti avevano avuto accenti pragmatici, misurati, rassicuranti. Mentre oggi è in atto una forte polarizzazione. Una tendenza allo scontro, che a tratti - soprattutto per la virulenza del linguaggio con cui i due schieramenti politici si scambiano ogni giorno accuse e contraccuse - sembra configurare una spaccatura all’italiana. Ne parlo con il sociologo Arturo Pérez-Dìaz, autore della Lezione spagnola, un libro di cui recentemente s’è molto discusso in Italia.