la Repubblica, giovedi 26 febbraio, 3 maggio 2004
Certo, definire cosa sia esattamente un buon governo non è mai facile. Ma c’è una frase di Walter Lippmann, un maestro del giornalismo americano, che può aiutare ad intendersi: «Ogni comunità», diceva Lippman,«aspira ad essere governata
Certo, definire cosa sia esattamente un buon governo non è mai facile. Ma c’è una frase di Walter Lippmann, un maestro del giornalismo americano, che può aiutare ad intendersi: «Ogni comunità», diceva Lippman,«aspira ad essere governata. Autogovernata se possibile, ben governata se la fortuna l’assiste, ma in ogni caso governata». E in questi otto anni José Maria Aznar non s’è perso in chiacchiere. Ha governato. Ha avuto lo spirito d’iniziativa, la costanza, la competenza che sono mancati invece a tanti governi europei. L’economia spagnola ha spiccato infatti - in direzione liberista, ma in una cornice di stabilità sociale - uno sbalorditivo balzo in avanti. L’aumento della ricchezza è risultato il doppio di quello ottenuto mediamente negli altri quattordici paesi dell’Unione europea. S’è avviato un circolo virtuoso, e la Spagna ne è emersa come uno dei paesi più dinamici e creativi del passaggio di secolo. Sicché gli spagnoli sono oggi più prosperi di otto anni fa. Non a caso i concessionari delle case automobilistiche hanno brindato l’altro giorno al loro massimo record, 99.000 auto vendute a gennaio. La prima cosa che si coglie a Madrid in questa vigilia elettorale, è dunque la previsione d’una possibile nuova vittoria del centro-destra. Ma poi affiorano altri segnali, altri umori: e a poco a poco ci s’accorge che l’immagine della Spagna solida e tranquilla cui tutti avevamo guardato con ammirazione sino a un anno fa, si è adesso bruscamente, inaspettatamente aggricciata. Al punto che ho la sensazione di non aver mai trovato questo paese, negli ultimi dieci anni, così concitato e diviso.