la Repubblica, giovedi 26 febbraio, 3 maggio 2004
la Repubblica, giovedì 26 febbraio A cena alla ”Trainera”, una trattoria della calle Lagasca che frequento da quasi una vita, tre amici spagnoli mi dicono in coro: «José Maria Aznar è il nostro Berlusconi
la Repubblica, giovedì 26 febbraio A cena alla ”Trainera”, una trattoria della calle Lagasca che frequento da quasi una vita, tre amici spagnoli mi dicono in coro: «José Maria Aznar è il nostro Berlusconi. La stessa protervia, la stessa vocazione autoritaria». Ma il giudizio è profondamente sbagliato. vero, i due hanno qualche tratto in comune. L’aggressività nel confronto con gli avversari politici, l’intolleranza delle critiche, l’autosoddisfazione. Ma per il resto, quante ed enormi differenze. L’uno, lo spagnolo, è proprio quel che Berlusconi detesta: un politico di professione, freddo, scostante, che s’è man mano rivelato come uno dei più rocciosi e capaci uomini di governo apparsi in Europa da molto tempo a questa parte. Mentre l’italiano resta, dieci anni dopo, quel che era al momento della sua ”entrata in campo”. Un politico improvvisato, e perciò arruffone. Un dilettante che s’affida esclusivamente al suo istinto populista. E tutto sommato molle: tracotante solo a parole, nei fatti incapace di tener testa sinanche al leghista Calderoli. No, José Maria Aznar è fatto di un’altra pasta. E i successi dei suoi governi di centrodestra sono indiscutibili: stabilità politica, crescita economica, prestigio internazionale.