La Stampa, venerdì 12 marzo, 3 maggio 2004
La compiuta folklorizzazione della Seconda Repubblica gli deve moltissimo. Il Senatùr ha cominciato con «La Lega ce l’ha duro» e ha finito per dare vita a una cosmogonia
La compiuta folklorizzazione della Seconda Repubblica gli deve moltissimo. Il Senatùr ha cominciato con «La Lega ce l’ha duro» e ha finito per dare vita a una cosmogonia. Da solo, anzi litigando con tutti, ha lanciato una divinità, il dio Po. Un simbolo, la ruota solare. Degli antenati, i celti. Un colore, il verde. Un sogno, l’indipendenza della Padania, espressione geografica e politica di assoluta indeterminatezza. E poi se n’è andato al governo. E ora in ospedale. Anche da ministro Bossi ha seguitato a dire e a fare cose temerarie, incredibili. L’ultima pochi giorni fa al Festival di Sanremo: chi non l’ha visto, l’altra sera, abbracciato a Mino Reitano, quello cantava «Itaaalia» e lui gli dava sulla voce con «Padaaania»? Sembrava un sogno di natura incubatica. Mentre forse era solo l’ennesima prova di padronanza mediatica, una dimostrazione di quell’abilità spettacolare che gli ha permesso di infrangere i codici simbolici, le ingessature ideologiche, lo stile politico quale era stato fino al momento in cui il personaggio di Bossi è divenuto un elemento del paesaggio italiano. E tutto senza che mai, sia ben chiaro, gli si potesse dare dell’ingenuo. Minacce sì, risate pure, volgarità quante se ne vogliono. Ma dopo aver ingannato Andreotti per il Quirinale nel 1992 - una vecchia storia di voti promessi e poi negati - Bossi ha anche immaginato, pianificato e realizzato disegni politici da togliere il fiato a tutti: il primo governo Berlusconi, per dire, affondato in nemmeno 24 ore. Ed è da allora che Scalfaro l’ha capito, che D’Alema gli fa i complimenti, che Fini non si fida, che Prodi gira al largo, e tutti i più grandi leader trattano con lui come si può trattare sotto una spada di Damocle. O sotto lo spadone dell’Alberto da Giussano, il guerriero medievale che Bossi pose a simbolo della Lega, e pare che si fosse ispirato al marchio delle biciclette Legnano. E tutto sempre accade con la partecipazione straordinaria di Umberto Bossi, anche quando non c’è.