La Stampa, venerdì 12 marzo, 3 maggio 2004
La Stampa, venerdì 12 marzo Sarà difficile fare a meno di Bossi. Per un po’ di tempo (auguri). In ogni caso: che paura
La Stampa, venerdì 12 marzo Sarà difficile fare a meno di Bossi. Per un po’ di tempo (auguri). In ogni caso: che paura. Chissà lui come la metterebbe, adesso, cosa potrebbe inventarsi su questo suo incidente e su quanti già l’avevano visto spacciato. Sui leghisti di Lampedusa che pregano; e su Adel Smith che invia telegrammi. Chissà come l’ha vissuta. Ora, pur essendo tra gli uomini politici italiani il più imprevedibilmente immaginifico, Bossi ha sempre mostrato una certa ritrosia a parlare di sé. Non ce n’è troppo bisogno, d’altra parte: basta osservarlo mentre vive, o meglio mentre dà vita al suo personaggio. I medici si sono dati 72 ore, per capire meglio. Ma intanto è impossibile togliersi di mente quel vocione, quei vestiti stazzonati, improbabili, quei travestimenti di scena, giacche, cravatte, camicie verdi, t-shirt con scritte d’inusitato leghismo, ohè. Quella voce roca, quei gesti ferini, quell’energia così teatrale, drammaturgica. Sembra incredibile pensarlo in un letto d’ospedale, Bossi. Fuori coscienza. Una visione che non resiste neanche un attimo all’ondata di immagini che viaggiano nella memoria. Mille palchi e sullo sfondo guerrieri, leoni, seguaci in adorazione. Scenari incredibili. Il rito dell’ampolla, sul Monviso, l’acqua del Po raccolta con una specie di preghiera druidica. Il catamarano. I gazebo «della libertà». Il muro intorno alla villetta di Gemonio, forse abusivo, forse no. Le nottate negli hotel di Ponte di Legno. Foto in piscina di lui che palpa una signorina. Ma anche le passeggiate con il codazzo a Montecitorio, a Roma ladrona. Pare di rivederlo una volta in un angolo di penombra, con Craxi ormai alla fine, e il leader socialista si commosse, a sorpresa, e anche Bossi ne fu turbato.