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 2004  maggio 03 Lunedì calendario

Corriere della Sera, domenica 7 marzo Dunque: il fatto è che io ho tre account di posta elettronica (cioè tre indirizzi), con tre provider (tre fornitori) diversi

Corriere della Sera, domenica 7 marzo Dunque: il fatto è che io ho tre account di posta elettronica (cioè tre indirizzi), con tre provider (tre fornitori) diversi. Uno di questi è a pagamento, e due sono gratuiti. Ovviamente su questi due account gratuiti ricevo un bel po’ di pubblicità, mentre su quello a pagamento non ne ricevo. Uno dei due gratuiti è addirittura francese, residuo di un periodo ormai lontano nel quale ho abitato a Parigi; a rigore dovrei averlo già abbandonato da un pezzo, e la ragione per cui invece non l’ho fatto è interessante: mi inonda di junk mail (posta-spazzatura) veramente formidabile. Mentre nell’altro indirizzo gratuito, infatti, ricevo pubblicità mirate, congrue, ragionevoli, e per questo assai fastidiose, su quello francese vengo quotidianamente raggiunto da proposte di una sconcezza quasi sublime - proposte che nessun altro, tanto nella mia vita reale quanto in quella virtuale - osa farmi. Nessuno sconosciuto mi ferma per strada o mi telefona cercando di convincermi a farmi allungare il pene, o indicandomi il luogo dove posso vedere una madre praticare sesso orale col figlio, mentre a quell’indirizzo gratuito francese non succede praticamente altro. Ogni mattina, quando controllo la posta elettronica, insieme ai (pochi) messaggi veri e propri inviatimi dai miei amici, agli avvisi degli uffici stampa, agli annunci promozionali per le mailing-list (indirizzari), alle newsletter (circolari) di editori e piccole testate, e alle suddette pubblicità mirate (viaggi alle Canarie a partire da 190 euro, telefonini in offerta speciale, abbonamenti super-veloci), trovo sempre qualche sconosciuto/a dal nome esotico che mi prospetta la possibilità di compiere un certo numero di reati, o di godermi in diretta perversioni mai viste, o di farmi allungare il pene, appunto, o di accaparrarmi enormi scorte di Viagra a prezzo stracciato, o di investire soldi in qualche catena di Sant’Antonio americana, o di scegliere una prostituta russa da un ricchissimo catalogo on-line, o di dimagrire brutalmente seguendo un arcano sistema danese, oltre ad alcune autentiche perle, ahimè molto rare, come (due volte) l’invito a partecipare a un’asta di cavalli da corsa tedeschi rubati e (una volta) la convocazione alla riunione di una loggia massonica di Bordeaux, con tanto di carta intestata, stemmi e ordine del giorno. Be’, è finita che con questa roba mi è successo quel che non mi è mai successo con i reality show della televisione: mi ci sono affezionato. Non aderisco agli inviti, non visito i siti propagandati, ma mi sono affezionato a questa lista di aberrazioni che mi raggiunge giornalmente dopo la colazione; scorrerla è diventato come dare un’occhiata al menu del giorno in una specie di pensione familiare globale sadomaso, sapendo che comunque si mangerà un panino da soli al rifugio; e in più, col tempo, mi si è formato l’orgoglio dell’abitante dei bassifondi, che uscendo di casa saluta i ladri, gli spacciatori, le mignotte e i magnaccia con cui divide il quartiere, e poi se ne va a svolgere il suo onesto lavoro quotidiano. C’è un problema, però. Anzi, ce ne sono due. Il primo è che io, a tutti questi mattacchioni che ogni mattina mi tirano per la giacchetta per mettere alla prova il mio buonsenso, il mio indirizzo e-mail non l’ho mai dato; il secondo sono i worms (i virus). E qui la faccenda si fa di scottante attualità, come si suol dire, poiché da qualche giorno ai due indirizzi gratuiti, e soprattutto a quello francese, sto ricevendo decine di messaggi che mi invitano ad aprire il file in allegato dicendo laconicamente (in inglese) «ecco i documenti richiesti» oppure «il file che aspettavi»; se lo facessi sarei un idiota, d’accordo, ma i cinque minuti del coglione passano per tutti, è cosa nota, e basterebbe una minima distrazione per dare una bella martellata al mio hard disk (disco rigido): in ognuno di quei file allegati c’è infatti il worm che attualmente sta appestando mezzo mondo, il famigerato Netsky D. E a questo punto mi rivolgo a tutti coloro che, dall’avvento dei provider gratuiti in poi, hanno cominciato a dare del fesso a chi ha conservato un account a pagamento: nel mio terzo indirizzo, cari furbetti, quello a pagamento, per l’appunto, questa robaccia non arriva. Se arriva un messaggio infetto, perché un virus appesta il computer di qualcuno dei miei conoscenti, gente a cui ho dato il mio indirizzo e che l’ha messo in rubrica, un sistema di sicurezza provvede a isolarlo, proteggendomi all’origine. La mia identità e i miei dati personali sono difesi secondo legge, e junk mail non ne arriva. Prezzo dell’abbonamento: 140 euro l’anno. Gli altri due provider, invece, come minimo non difendono un bel niente, ma è assai probabile che i dati dei loro abbonati se li vendano a destra e a sinistra, secondo un simpatico tariffario che prima o poi Beppe Grillo scoprirà e renderà noto in uno dei suoi spettacoli, com’è già successo anni fa con le banche. Quello che si dovrebbe fare, dunque, mi sembra abbastanza chiaro. Resta questa addiction (dipendenza) che impedisce ad alcuni, tra cui me, di ignorare il variopinto serraglio di fregnacce e oscenità che naviga il mondo grazie ai provider gratuiti, e resta il mistero lynchiano su dove stia il guadagno nell’invitare ogni giorno a farsi allungare il pene milioni di persone che non vogliono spendere soldi nemmeno per proteggere la propria privacy (intimità). Aveva ragione Cat Stevens, oggi diventato musulmano integralista: it’s a wild world (è un mondo selvaggio). Sandro Veronesi